Carissimo Granzotto, avendo una veneranda età ebbi l'occasione di intonare, da giovane Balilla, «Faccetta nera», canzone che non so dirle il perché ci metteva sempre di buonumore essendo fuor di discussione il sentirci, nei confronti delle faccette nere, «colonialisti» o «conquistatori» quanto piuttosto dei benefattori. A leggere queste parole qualcuno rabbrividirà dallo sdegno, ma è la verità e io non ci posso fare niente. Siccome lei in passato ricordando l'epopea dell'Amba Aradam ha ricordato l'origine della canzone e svelato che quella faccetta nera aveva un nome, è ancora vivente e desiderosa di avere la cittadinanza italiana vorrei sapere che fine ha fatto l'appello al Presidente Napolitano per fargliela ottenere. Abitando a Roma approfitterei della cerimonia di conferimento per conoscere di persona la faccetta nera della mia giovinezza.
Sul fronte di faccetta nera tutto tace, caro Silvestri. Anzi, no. Se è ben vero che il presidente Napolitano manco pe' 'a capa ha preso a cuore la richiesta di Maria Vittoria Aradam, c'è un fiero antifascista che ha preso a fegato, anzi: a bile, la canzone della quale Maria Vittoria è protagonista. Trattasi di Enzo Foschi, diessino consigliere regionale del Lazio. Costui ha denunciato la Telecom accusandola di aver inserito «Faccetta nera» fra i brani musicali da scaricare via Internet e usare come suoneria telefonica. «È inconcepibile - ha tuonato il Foschi - che l'inno al fascismo sia così facilmente reperibile». Inconcepibilità che gli offre l'estro di appellarsi alla legge Scelba, quella relativa all'apologia del fascismo. Misteriose e insondabili sono le profondità, gli abissi, del cervello umano, mio caro Silvestri. Quando poi la materia grigia è strizzata da ictus tardo-antifascisti, son scintille. Se ne vedono di tutti i colori. E infatti, il nostro Enzo Foschi non si è limitato a biasimare il comportamento della Telecom. È andato più in là. Ha voluto spiegare il perché della sua indignazione e conseguente denuncia. Se lei è seduto, se non ha a portata di mano oggetti da scaraventare iracondamente in terra o contro il muro, se non ha la pressione alta e se promette di star buono glielo riferisco, il «perché».
Eccolo: «Non bisogna abbassare la guardia su un potente mezzo di comunicazione come i telefonini e non sottovalutare il potere culturale di una suoneria». C'è ancora, caro Silvestri? È sempre lì o si sta rotolando piegato in due dalle risate? «Non abbassare la guardia», si rende conto? Ma quello è niente: il numero più sensazionale è il riferimento al «potere culturale di una suoneria». Il potere culturale di una suoneria! Ma come gli è venuta, al Foschi, una bischerata del genere? Secondo lui succederebbe questo: squilla il telefonino («potente mezzo di comunicazione», vallo a dire a Fassino e a D'Alema) al suono di «Faccetta nera» ed è come se il professore salisse in cattedra a tenere lezione. La cultura si irradia tutt'intorno, salde coscienze antifasciste traballano, giovani ai quali quel motivo non dice niente si mettono a gridare «Viva il Duce!», chi ce l'ha straccia la tessera dell'Ulivo e si precipita a chiedere ad Alessandra Mussolini una foto con dedica. Si indicono dieci, cento, mille marce su Roma. Prodi viene spedito a Ventotene. Scalfaro (Oscar Luigi) torna ad indossare la toga comminando una caterva di condanne a morte.
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