«Una super scuola per salvare il teatro»

«Una super scuola per salvare il teatro»

Il signor Maurizio Scaparro è un giovanotto di ottant'anni che ne dimostra cinquanta. Ma solo a patto lo si voglia proprio invecchiare. Perché balza dal palcoscenico alla platea con lo scatto di un centometrista quando, dopo aver indicato a un attore la posizione da assumere, è già alle spalle di un tecnico a suggerirgli l'esatta inclinazione di una luce. Mentre, il minuto successivo, batte affettuosamente sulle spalle a un musicista raccomandandogli di usare, nel tenero duetto che scandisce la passione tra la soubrette Carla e il commerciante Cosini nel primo atto della «Coscienza di Zeno», quell'andante mitteleuropeo che fa al caso suo. Difficile dunque prenderlo all'amo e persuaderlo a fermarsi un momento per fargli dire cosa bolle nella sua pentola magica, in bilico tra una trasferta nel Nuovo Mondo e gli altri progetti che coltiva con pazienza nel suo orticello. Cominciamo, gli chiedo, proprio dalla riproposta del gran testo di Svevo che ha appena debuttato con gran successo al Carcano di Milano nella perfetta riduzione di Kezich.
Cosa l'ha spinta a tornare di prepotenza nella Mitteleuropa del primo Novecento?
«Ciò che mi ha sorpreso, convinto, affascinato è il monologo finale di questo eroe senza qualità che, all'eco lugubre delle cannonate che segnano il sanguinoso insorgere del primo conflitto mondiale, lo fa prorompere nella più accorata delle predizioni».
Quale?
«La fine della vita sulla terra che, prima o poi, proclama Svevo, si dissolverà nella deflagrazione tramutando il nostro pianeta in una nebulosa alla deriva nello spazio profondo».
Questo spettacolo segna anche il suo rinnovato connubio con un attore come Pambieri, non è vero?
«Come no! Dopo "I Mille", dove Beppe era Alexandre Dumas che, dal suo yacht, teneva d'occhio la spedizione di Garibaldi in Sicilia, adesso è ai miei ordini in questo ruolo di un'ambiguità sconcertante, in bilico tra la profezia e l'ironia, senza dimenticare le belle donne».
Ha altri spettacoli in cantiere?
«La ripresa di "Viviani Variété" con Massimo Ranieri e della "Governante", il capolavoro drammatico di Brancati. Entrambi a Roma tutt'uno a "Zeno". Un bel tris, non trova?»
Parliamo di nuovi progetti, allora…
«La stupirò, ma ciò che in questi ultimi tempi perseguo con accanimento non è il varo di una nuova regia ma un sogno ben più complesso e importante per l'avvenire del nostro teatro. In un momento drammatico come questo».
Può spiegarsi meglio?
«Voglio creare a Firenze uno stage permanente di tecnici altamente specializzati. Come accade in Francia, in Germania e in altri paesi europei. Un laboratorio di alta qualificazione professionale per definire i quadri del futuro».


Ossia?
«Ossia creare un super organismo efficiente in grado di formare direttori di scena, specialisti delle luci, costumisti e drammaturghi, scenografi e attori da lasciare in eredità alle nuove generazioni».
Posso chiedergliene la ragione?
«Perché il teatro, che è cultura viva, cultura della partecipazione e del riscontro nella viva realtà dei fatti, non deve morire ma consolidarsi».

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