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SuperMario va dal Papa e spera in un miracolo

SuperMario va dal Papa e spera in un miracolo

RomaMonti spera nel miracolo: riuscire a salvare Italia ed euro. Cascava a fagiolo, quindi, la visita in Vaticano a Benedetto XVI. Serviva proprio una benedizione visto che l’ultimo schiaffo dell’agenzia di rating Standard & Poor’s, che ci ha fatto scendere di due gradini, ci mette nei guai. La bocciatura, sebbene nell’aria, rischia di avere pessime conseguenze su titoli di Stato e spread. Tradotto: costi in più per rifinanziare il nostro debito e necessità di trovare altri soldi. Lo spettro di un’altra manovra, insomma. E farla in un momento di recessione significa ammazzare il Paese: un circolo vizioso da cui occorre uscire in fretta e tutti insieme. E il premier, che ha sul tavolo le pagelle di S&P con cui si boccia mezz’Europa, proprio queste intende sventolare sotto il naso della Merkel per convincerla ad ammorbidirsi ancor di più sui temi caldi della Bce e della crescita di Eurolandia.
Intanto il Professore, solitamente prono al cospetto dei teutonici, ieri non s’è inchinato davanti a un altro tedesco di ben più elevata autorevolezza: Papa Ratzinger. Durante la sua prima visita ufficiale in Vaticano, accompagnato dalla moglie Elsa, dal ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant’Agata, dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà, dal ministro delle Politiche comunitarie Enzo Moavero e dal segretario generale Manlio Strano, il premier s’è limitato a stringere la mano al Pontefice senza tuttavia inginocchiarsi né tantomeno baciare l’anello. Altro strappo all’etichetta: niente velo sul capo per la consorte del premier. «Grazie di questa opportunità», ha detto Monti al Papa con cui ha avuto un colloquio di 25 minuti. «Avete cominciato bene ma in una situazione difficilissima, quasi insolubile», ha risposto il Pontefice, consapevole che la situazione è pessima. Non sono mancate le battute: «Lei era in Germania...», ha detto il Pontefice a Monti, ricordando il vertice di Berlino. «Tempo brutto ma buon clima», gli ha risposto il Professore.
Poi, dopo il tradizionale scambio di doni (libri da Monti per il Papa; penna stilografica e un’incisione dal Pontefice per il premier), 45 minuti di colloquio tra il Professore e il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone. «Cordiali colloqui», li ha definiti la Santa Sede, incentrati sui temi di solidarietà sociale nel contesto della crisi economica. Non si è invece minimamente accennato al tema dell’Ici-Imu sui beni immobili della Chiesa.
Poi Monti è tornato a palazzo Chigi, deluso e preoccupato dal recente declassamento da parte di S&P. Come se l’agenzia americana volesse boicottare gli straordinari sforzi che sta facendo il nostro Paese. Tuttavia il premier intende utilizzare la bocciatura ad uso interno ma soprattutto internazionale. In casa, Monti spera che la sberla rifilata da S&P scuota anche le resistenza dei partiti nei confronti delle sue prossime misure: in testa le liberalizzazioni ma soprattutto la riforma del mercato del lavoro, altro provvedimento strutturale. Sul piano internazionale, invece, il premier intende cavalcare il declassamento contro l’Europa per accelerare sull’European stability mechanism (Esm), nuovo fondo salva Stati permanente, che dovrebbe proteggere i Paesi colpiti dalla speculazione. L’attuale Fondo salva Stati, l’Efsf, infatti, non ha capitali propri ma li raccoglie sui mercati attraverso l’emissione di bond, legati alle garanzie fornite dagli Stati stessi. Un declassamento di questi ultimi avrebbe quindi una ripercussione anche sull’Efsf, rendendolo una sorta di muro sbrecciato.
Monti parlerà di questo domani con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, in un faccia a faccia per preparare il vertice europeo di fine mese dedicato alle misure per la crescita economica e l’occupazione nella Ue. La volontà è quella di fare fronte comune con le istituzioni europee per continuare a lavorare ai fianchi la cancelliera di ferro. La quale rimane rigida sul rigore a tutti i costi.

Il nodo sta a Francoforte: la Bce dovrebbe avere molto più libertà di manovra per mettere al riparo i titoli dei Paesi meno forti; ma la Merkel non sembra cedere nemmeno di un millimetro.

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