Il supermoralista che ha perso tutto Ora anche la testa

EPILOGO L’intelligenza più lucida a sinistra ha raccolto solo flop, dalla Bicamerale al Kosovo

Oddio, diciamo la verità: era sovrumanamente difficile, di fronte ad Alessandro Sallusti, non uscire dai gangheri, come in effetti è capitato a Max D’Alema l’altra sera a Ballarò. Implacabile come un giustiziere della notte - conformemente all’ora tarda - il condirettore del Giornale non gliene ha passata una. Parli della casa di Scajola? Ti ricordo che hai campato anni a equo canone in un appartamento per Vip. Fai il buffoncello dicendo che mi premieranno con qualche signorina perché difendo il governo? Taci, che le escort le usavano i tuoi in Puglia per corrompere. E via così.
Splendido il colpo d’occhio. Da un lato, Sallusti: sguardo trapanatore, cranio ossuto da mediano di mischia, macilenza da dodici ore ininterrotte in redazione tra battaglie e querele. Dall’altro, un cicisbeo con baffetti e occhialini. Apparentemente ben disposto se parla a piacimento. In realtà, uno spocchioso e intollerante padreterno. Aveva ancora il risetto dell’essere superiore quando, all’ennesima rimbeccata di Sallusti, si è lasciato andare come un fiaccheraio. «Vada a farsi fottere - ha detto con le gote rigonfie -, lei è un bugiardo e un mascalzone, pagato per fare il difensore d’ufficio del governo». Aveva la faccia da schiaffi e c’era da darglieli. Sallusti non lo ha fatto e mi ha deluso. Potrebbe querelarlo ma, da uomo di mondo, soprassiederà. Auguriamoci almeno che il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti - poiché tra le disgrazie della categoria c’è l’appartenenza di D’Alema - lo richiami. In mancanza, non resta che sperare nell’Associazione neuropsichiatrica per una visita d’ufficio.
Max è oltre la frutta. Ha ormai spremuto allo stremo il suo limone. Da 23 anni in Parlamento, già presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, è adesso fuori da ciò che conta e il suo equilibrio ne risente. Quello che fu - secondo la vulgata - l’intelligenza più lucida della sinistra, si mostra ora per quello che è: un inacidito ex comunista senza più frecce nel suo arco. A dire il vero non ne ha mai avute, poiché si è sempre limitato a chiacchierare, fuggendo alla prima difficoltà. Tutti ricordano quando presiedette negli anni ’90 la Commissione sulle Riforme. Mise molta carne sul fuoco, dalla separazione delle carriere dei magistrati, al presidenzialismo, ecc. Appena però i giudici alzarono la voce e i sinistri del suo partito lo richiamarono all’ordine, mandò tutto a monte impaurito. Fa tanto il criticone del compagno di partito Walter Veltroni ma è pavido e vuoto esattamente come lui.
Oggi - come tutta la sinistra allo sbando - si rifugia nel moralismo. E non ne ha davvero titolo. Lasciamo andare il verminaio pugliese nel quale sono coinvolti i suoi e limitiamoci agli episodi che lo riguardano direttamente.
L’altra sera ha accusato Sallusti di essere uno stipendiato del Cav e di parlare, perciò, sotto dettatura. Ossia, vergognatevi voi del Giornale, di Panorama e mondadoriani in genere. E tu, allora, mi verrebbe da dire se gli dessi del tu, da chi hai preso i soldi quando hai pubblicato per Mondadori? Hai scritto ben quattro libri per il Mostro di Arcore, intascando da lui i diritti d’autore. Ricordi, nel 1995, Un Paese normale, diventato poi il tuo slogan? L’Italia verso le riforme nel 1997, quando presiedevi la Commissione che si è poi rivelata un bluff? Oppure, Kossovo nel 1999, quando da premier hai fatto bombardare Belgrado cacciando gli italiani nel primo conflitto armato dopo la Seconda guerra mondiale? E nel 2002, La sinistra e il futuro, che fu un flop, non perché la Mondadori non te l’abbia curato bene e distribuito al meglio, ma solo perché fantasticavi assurdamente di futuro per una sinistra che non ce l’ha? Siamo sulla stessa barca, Max: due tristi prezzolati del Cav.
La differenza è che io non ho mai preso soldi di straforo, come invece hai fatto tu, dopo averci cenato insieme, da Francesco Cavallari, il re delle cliniche pugliesi. Ti girò, nel 1985, venti milioni brevi manu e non lo dicesti a nessuno. Si seppe dieci anni dopo per ammissione di Cavallari davanti al pm Alberto Maritati. Lo confermasti poi anche tu e Maritati - che ormai non ti poteva perseguire per sopravvenuta amnistia - elogiò le tue «leali dichiarazioni». Fu carino da parte sua che, carineria per carineria, l’anno dopo divenne senatore del Pds.
A me neanche è capitato di occupare a equo canone (quello degli sfigati) 150 metri quadri in Trastevere per graziosa concessione di un ente. E quando questo giornale denunciò i privilegi di Affittopoli tu, Max, andasti a piagnucolare a Samarcanda, da Mike Santoro: «Sono a equo canone perché do metà dell’indennità parlamentare al partito». A quanto ammontava l’indennità? 12 milioni di lire. Te ne restavano perciò sei. E l’affitto di quanto era? Un milione. Bè, allora, Max, avevi una bella faccia tosta a lamentarti. Pensa che io - che all'epoca ne guadagnavo quattro - ne sborsavo 1,8 di pigione e avevo trenta metri di meno. Già, ma tu la vita della marmaglia neanche la immagini.
Tu hai la barca, l’Ikarus II, 18 metri. Non abbiamo mai capito come l’hai pagata. Una volta hai detto che era in comproprietà. Un’altra che avevi acceso un mutuo. Ma come facevi se davi la metà al partito e avevi - dopo le polemiche - acquistato una casa tua con un altro prestito bancario? Un’altra volta hai detto - leggo su internet - che l’Ikarus II fu pagato con la vendita dell’Ikarus I, il tuo natante precedente, e un appartamento ereditato. Hai poi dato - stessa fonte - una terza versione: ho pagato lo scafo con lo sconto, il costruttore voleva regalarmelo perché gli facevo réclame ma io ho insistito per versare almeno la metà del prezzo.
Io, perdonami, in queste cose mi ci confondo. Non ho tanta dimestichezza con mutui e prestiti. Dalle banche, se posso, mi tengo lontano. Tu invece hai cercato perfino di conquistarle. «Facci sognare, vai» dicesti a Consorte, il presidente di Unipol, gigante delle coop rosse, che voleva scalare la Bnl. La pm Clementina Forleo, prima di essere mazzolata dal Csm e allontanata dalla sua sede, ipotizzò per te il concorso in aggiotaggio, e chiese al Parlamento di autorizzarla a usare l’intercettazione. Ma poiché l’immunità italiana è piuttosto fragile, hai voluto che fosse investito il Parlamento Ue, di cui facevi parte all'epoca dei fatti (2004-2005). E Strasburgo, proprio come desideravi, ha risposto picche alla Forleo e tutto è passato in cavalleria.
Salvato dall’immunità, proprio tu che te la prendesti a morte con Craxi per averla utilizzata.

Tu che rimproveri al Cav di «difendersi dai processi anziché nel processo». Tu che stai sempre col ditino alzato. Tu che mandi Sallusti «a farsi fottere». Ma che ti ci vuole a comprarti uno specchio, Max? Fallo. Pago io.

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