Vendere centomila copie sarebbe un successo inaspettato persino per un Premio Strega, oggi. Eppure, ci crediate o no, persino in Italia è questo il destino dei classici. Non di tutti, certo. Che cos'è allora un classico? Il mondo letterario ne ha dato nel tempo innumerevoli definizioni. Ci piace quella di Giuseppe Pontiggia, che li ha chiamati «la riserva del futuro»: «Non sono nostri contemporanei, siamo noi che lo diventiamo di loro». Di tutte le altre definizioni, troppe vogliono ingabbiare i classici nel tempo, nell'approccio, nei diritti d'autore scaduti o nei generi. Troppo poche riguardano invece i dati di vendita. Più d'uno poi potrebbe pensare che il marketing del classico nemmeno esiste.
Invece scavando si scopre che i tesori della letteratura fanno i numeri, che il marketing e gli editor ci si impegnano e ci investono e che, se ci investissero ancor di più, forse i numeri li farebbero anche più grossi. Le centomila copie di cui sopra, ad esempio, sono la tenuta annua dei due titoli classici Oscar Mondadori più venduti: 1984 e La fattoria degli animali di George Orwell. Al secondo posto tra i primi dieci autori classici Oscar c'è Italo Calvino, che con cinque titoli al top fa di nuovo oltre centomila copie (curiosità: nel testa a testa perenne tra Il barone rampante e Il sentiero dei nidi di ragno , negli ultimi anni il primo ha subito il sorpasso). E al terzo Fahrenheit 451 di Bradbury, quasi 30mila copie. E stiamo parlando solo di titoli «in diritti», dei quali cioè Mondadori detiene l'esclusiva perché i diritti d'autore (70 anni dopo la morte dell'artista) non sono ancora scaduti. I titoli classici in produzione ogni anno tra novità e ristampe sono circa 1700, con un prezzo intorno ai 10 euro, come ci spiega Giuliano Vigini, docente di Sociologia dell'editoria all'Università Cattolica: «Assorbono circa il 7 per cento del mercato complessivo e ottengono circa 1900 copie ristampate di media a titolo per i testi letterari. Non poco, ma meno di quel che potrebbe essere. Perché la percentuale aumenti, ci vorrebbe un ritorno all'amore per la lingua».
L'ufficio studi dell'Associazione italiana editori non ha un'area di ricerca specifica sui classici. Tuttavia il responsabile Giovanni Peresson tiene a precisare che «classico» dovrebbe afferire a titoli che partono da greci e latini e arrivano fino a tutto l'Ottocento. Su questi, distingue i supereconomici (tra 1,90 e 5 euro di prezzo) e i tascabili: «Nel 2014, se guardiamo le classifiche, il supereconomico più venduto è stato La lettera sulla felicità di Epicuro di Stampa Alternativa» spiega Peresson. «I tascabili arrivano dopo il 40º posto, con I promessi sposi e i romanzi russi e francesi». Tutto quanto rilevato solo in librerie fisiche, poiché Amazon non rivela il venduto a titolo, ed escludendo i collaterali, cioè i libri allegati a quotidiani e riviste, che mantenevano un giro d'affari di 65 milioni di euro l'anno nel 2013.
«Le collane del mondo Oscar che riguardano i classici sono 6 su 23 e pesano per un quarto delle vendite» conferma Elisabetta Risari, editor Mondadori. «Inoltre riservano ottime performance legate allo show business: Noi credevamo di Anna Banti grazie al film di Martone ha fatto un boom di 16mila copie, Il grande Gatsby , con l'edizione tie-in al film di Bahz Luhrmann, ha raggiunto le 40mila. Un esempio su singoli titoli fuori diritti? Direi che Orgoglio e pregiudizio , sommate tutte le edizioni, può arrivare ogni anno oltre le 100mila copie». Una garanzia che merita attenzione, oltre che posto in catalogo: «L'idea è quella che il classico diventi un cantiere permanente, su cui cercare nuovi sguardi che lo sottraggano all'oblio. Per i 50 anni degli Oscar (che cadono domani, ndr ), abbiamo fatto ricopertinare dieci evergreen agli studenti dello Ied di Milano. Nel 2014 abbiamo riproposto Il popolo dell'abisso di Jack London corredato dalle foto inedite fatte dallo stesso autore e rimaste in archivio per un secolo. Abbiamo fatto ritradurre tutto il corpus teatrale di Agatha Christie a un drammaturgo contemporaneo come Edoardo Erba. Quest'anno, allo scadere dei diritti di Saint-Exupéry, abbiamo lavorato su cinque titoli di questo autore con un unico curatore. Ai primi di maggio usciranno due titoli Oscar di Cassola, Il cacciatore e Un cuore arido , con introduzioni di Massimo Onofri e Anna Banti».
A curare i classici in modo originale ha sempre pensato Adelphi e ne è stata ampiamente ripagata: l'idea di trasformare Georges Simenon in un classico ha fruttato dal 1985 ben 6,5 milioni di copie; Lolita di Nabokov - appena ricopertinato - nei tascabili totalizza 10mila copie l'anno senza interruzione dal 1996 e ha raggiunto le 24 edizioni; l'ultima star di casa Adelphi, la Szymborska, ha portato con La gioia di scrivere incassi per 80mila copie dal 2009 a oggi. «Forse il segreto è trattare scrittori in cui crediamo come classici e i classici come libri da vendere e far leggere» svela Giorgio Pinotti, caporedattore Adelphi. E Federica Magro, responsabile editoriale Bur, chiosa: «Abbiamo ricreato apparati di grande prestigio, grazie alla collaborazione con l'associazione degli italianisti (5mila copie in pochi mesi per I promessi sposi ), reinventato classici Deluxe regalabili, ritradotto in italiano contemporaneo classici come il Decamerone grazie ad Aldo Busi.
I risultati? Entrambe le edizioni, originale e di Busi, si sono supportate e hanno venduto in un solo anno 20mila copie. E il 10 maggio escono le Operette morali di Leopardi riscritte da Maurizio Maggiani». Inutile dire che diventerà doppiamente classico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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