Gianluigi Nuzzi
da Milano
Nellinchiesta sulle intercettazioni Telecom spunta un supertestimone che davanti ai magistrati milanesi avrebbe puntato lindice proprio contro Adamo Bove, lex funzionario di polizia poi dirigente della sicurezza Telecom che si è suicidato venerdì a Napoli. Il nome del teste è coperto dal massimo riserbo. Si sa che si tratta di un altro dirigente dellazienda telefonica, un esperto di sistemi informatici, consulente anche lui di forze dellordine e pubblici ministeri di diverse procure, dallantiterrorismo a Roma e Bologna, fino alla stessa procura di Milano. E proprio qui per nove ore, due settimane fa, il manager è stato interrogato come teste. Il verbale è stato secretato. Difficile capire quindi cosa abbia detto. Ma quanto trapela è abbastanza univoco. Sembra infatti che il dirigente abbia indicato proprio Bove come responsabile dellufficio dal quale partivano le interrogazioni al cosiddetto sistema «Radar» che consentiva di ottenere dati e tabulati su gruppi di clienti senza lasciare traccia. E potrebbe essere questo uno dei motivi di preoccupazione di Bove, uno di quegli elementi che magari hanno contribuito alla scelta estrema di togliersi la vita. Del resto il clima non era dei più tranquilli visto che proprio in quei giorni dallufficio gip di Milano la procura attendeva risposta a una serie di misure cautelari proprio nellindagine Telecom. Insomma, in giro cera aria di manette. Creando negli uffici una prevedibile tensione.
Bisogna aggiungere che quando nel maggio del 2005 il capo della sicurezza Giuliano Tavaroli, dopo le prime perquisizioni, venne messo o andò in malattia, fece una riunione interna dove indicò proprio in Bove il proprio successore come capo della security. Insomma allepoca Tavaroli si fidava ciecamente di Bove al punto di indicarlo come nuovo capo per un periodo ponte, pare di tre mesi, durante i quali Tavaroli sarebbe stato di fatto fuori dallazienda. Ma qualche giorno dopo in un incontro ufficiale con il capo del personale Gustavo Bracco e con lamministratore delegato Carlo Buora ecco che dal cilindro delle nomine per la sicurezza esce il nome del nuovo capo. Che, guarda caso, non è solo Bove ma anche Giovanni Penna. Detta così può significare che Tavaroli allepoca si fidava di Bove, sul quale però Telecom nutriva delle perplessità tanto da non accogliere le indicazioni del capo, che venne «congelato» dopo le prime perquisizioni per 90 giorni. Una ricostruzione che mal si concilia, in termini temporali, con quelle profuse su alcuni quotidiani in questi giorni e che volevano Bove come uomo chiave nella svolta dellinchiesta sul sequestro di Abu Omar. Lamico degli investigatori. Davvero? Se ciò fosse vero, se cioè Bove avesse aiutato la Digos a individuare i telefoni coperti e forse i tabulati degli agenti del Sismi, senza lasciare traccia, come sostiene qualcuno, non ha fatto esattamente ciò che veniva contestato dai suoi ex amici ovvero Tavaroli & C.
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