Milano - Se dietro a un grande uomo si nasconde sempre una grande donna, il gioco di parole qui è facile quanto azzeccato: c’è una donna di pietra dietro ad Antonio Di Pietro.
Susanna Mazzoleni però, tanto nascosta non è. Avrebbe preferito restarlo, i giornalisti che si occuparono di Mani pulite ancora ricordano la testata che diede a uno di loro, reo di averla seguita lungo la strada che porta alla sua villetta di Curno. E mica era un giorno qualunque, quel giorno del dicembre 1994 Susanna e Tonino convolavano a nozze dopo sette anni di convivenza e due figli. Tant’è, a ogni passo che Di Pietro fa, subito dietro spunta lei, in un inossidabile intreccio che dalla famiglia porta al partito e viceversa.
Non ha incarichi politici nell’Italia dei valori, Susanna, eppure. Tanto per citare l’ultimo episodio inquietante, il giallo del bianchetto rivelato ieri da questo giornale e al vaglio della procura di Brescia, è dal fax intestato a «Mazzoleni» che proviene la lettera di assunzione di Silvana Mura assegnandole 3mila euro. Copia esatta, fuorché nella cifra, di un’altra lettera, questa proveniente da Idv, che fissava il compenso in 36mila euro. Il sito web del partito è registrato a lei. Lei è una dei tre soci, con Tonino e la Mura, dell’associazione creata a fianco del movimento politico per la gestione finanziaria, era il 26 luglio 2004 e guarda caso il giorno dopo sarebbero arrivati milioni di rimborsi elettorali.
Ed è sempre Mazzoleni Susanna il nome che si legge sugli atti di compravendita delle ben quattro case in una manciata di chilometri fra Bergamo e Curno, uno shopping immobiliare da oltre un milione di euro che, ipotesi rimborsi elettorali a parte, non si capisce da dove siano piovuti. Fondamentale, Susanna. Quando sul tavolo dei magistrati di Curno arrivò un esposto anonimo contro l’ormai noto rudere pagato poche lire e trasformato in villetta dalla famiglia Di Pietro, l’assessore Roberto Arnoldi poté intervenire così, in zelante difesa: «Il dottor Di Pietro non risulta tra gli interessati alla concessione, né legato da vincoli di parentela», era il 22 maggio 1985 e Tonino non l’aveva ancora sposata, Susanna.
Ma allora chi è, Susanna Mazzoleni? «Non un agnellino» dicono a Curno. «Una iena» dice invece chi ha lavorato nel suo studio legale di Bergamo, l’ultimo dei giovani che hanno tentato di farsi assumere ha retto tre giorni, «prendevo 20 euro al giorno senza contratto, mi cacciò dandomi del rimbambito per uno sgabuzzino in disordine» racconta F.F. È figlia d’arte, Susanna, classe 1952. Suo padre è l’avvocato Arbace Mazzoleni di Bergamo, socialista vecchio stampo che, durante le inchieste del genero sul Psi, stracciò la tessera indignato. Uno studio legale e una cattedra all’Università Bicocca di Milano. Susanna non ha mai fatto politica, ma a entrare nelle istituzioni ci ha provato, con un maldestro tentativo che il sindaco di Bergamo Roberto Bruni definì «pasticcio imbarazzante».
Era il luglio 2004, c’era la giunta da formare e nell’Idv scoppiò una guerra fratricida per la poltrona di assessore al Commercio. Da una parte il coordinatore provinciale Goffredo Cassader, indicato dagli organismi provinciali, dall’altra lei, Susanna che, sponsorizzata dal coordinatore regionale Giorgio Calò, era pronta a soffiargli il posto. «Un sopruso bello e buono, le scelte imposte dall’alto sono inaccettabili» denunciò Cassader prima di sbattere la porta del partito. Alla fine, fra i due litiganti il sindaco scelse un terzo, con Di Pietro a recriminare: «Non è colpa di Susanna se è mia moglie». Del resto, nella Dynasty dipietrista sono i valori familiari, che contano. Quelli che alle ultime elezioni hanno portato alla Camera il cognato di Susanna, Gabriele Cimadoro, ma anche Ivan Rota, cognato di Cimadoro. E che hanno procurato un posto di tesoriera regionale nell’Idv lombardo anche alla prima moglie, Isabella Ferrara la mamma di Cristiano e persino un ruolo nello stesso coordinamento Idv al suo nuovo compagno, Armando Guaiana.
Tornando a Susanna, il sodalizio con Tonino non si è mai rotto, nonostante una burrascosa separazione nel 2002. Furono gli anni di Mani pulite a cementarlo. Lei che in difesa della privacy di famiglia sbatteva la cornetta in faccia ai cronisti: «Stronzi». Lei che, chiamata dal Tribunale di Brescia a testimoniare nel 1996 al processo contro Cesare Previti e Paolo Berlusconi sulle dimissioni dell’ex pm, disse che no, lei non lo sapeva perché il marito avesse lasciato, mai letto un giornale mai visto un tg mai parlato con lui delle inchieste, «ne ero gelosa, mi portavano via il marito e il padre dei miei figli», insomma si erano imposti il silenzio, anche dopo, sulla politica, «per una scelta di sopravvivenza», ed ebbe un bell’affannarsi l’incredulo presidente Francesco Maddalo: possibile che non ne abbiate parlato?
Solo l’anno prima, Susanna era stata chiamata in causa in un altro procedimento, per aver collaborato con l’azienda di costruzioni Edilgest di quell’Antonio
D’Adamo più volte inquisito per corruzione a Milano e che risultava intestatario di un telefono cellulare in uso a Di Pietro. Lui si difese così: «In realtà il telefono era in uso a mia moglie». Insostituibile, Susanna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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