GinevraOsamu Suzuki, classe 1930, è tuttora uno dei manager protagonisti della scena automobilistica mondiale, capace di entusiasmare i media con un comportamento aperto, deciso e addirittura spiritoso, atipico per gli standard giapponesi. Ha retto la scena alla grande, alla serata donore del gruppo Volkswagen, lunedì scorso, a Ginevra alla vigilia del Salone, sotto i riflettori tra due colossi come Martin Winterkorn e Ferdinand Piëch (rispettivamente ceo e presidente del consiglio di sorveglianza del gruppo tedesco), per celebrare la partnership siglata il 9 dicembre 2009 tra il gigante di Wolfsburg e la casa che porta il suo nome o, meglio, quello che Osamu ha adottato dalla moglie Shoko Suzuki. «Dobbiamo avere il coraggio e lumiltà di ammetterlo - confessa Suzuki davanti a un gruppo di giornalisti -; senza la partnership con Volkswagen il nostro futuro sarebbe stato problematico, perché nelle tecnologie delle propulsioni del futuro siamo oggettivamente indietro, mentre i tedeschi sono allavanguardia». Con laccordo di dicembre, il gruppo Vw acquista il 19,9% (non il 20%, come sottolinea continuamente Suzuki, noto per la sua attenzione ai conti) della casa giapponese pagando una metà cash e laltra con la cessione del 2,5% del proprio capitale azionario. Crescerà il peso dei tedeschi in futuro? Suzuki non ne vuole sentire parlare, crede nellindipendenza della sua azienda «e poi - aggiunge - non abbiamo nemmeno terminato la fase iniziale che richiede la messa a punto di unenorme massa di dettagli», operazione nella quale, mentre il papà incontra i giornalisti, Suzuki junior, secondo un executive della casa giapponese, è impegnato insieme a Winterkorn lontano dalle luci del Salone. «Tutti i costruttori ci invidiano la capacità di costruire vetture piccole, di qualità e ad alta redditività - ricorda - e Volkswagen è il partner ideale con il quale sviluppare small car totalmente innovative e a prezzi competitivi con le quali andare a conquistare i mercati emergenti», praticamente quella «vettura del popolo» che da lungo tempo manca dalla gamma Vw e che, secondo il top manager giapponese, potrebbe vedere la luce già fra tre anni. Ha accolto con piacere lobiettivo di 10 milioni di auto nel 2015 annunciato da Winterkorn per il suo gruppo, ma il vecchio Suzuki è concentrato sui 2,3 milioni di unità che la sua casa produce, «un target che vogliamo conservare e far crescere con saggezza e prudenza, perché prima dei volumi viene la redditività».
Se nei piani di Piëch cè lintenzione di salire nella partecipazione in Suzuki, il vecchio leone dalle folte sopracciglia bianche, che in patria gode fama di duro conservatore, sarà un ostacolo non facile da superare, soprattutto se limperatore di Wolfsburg dovesse mettere gli occhi sulle moto che tanto ama, settore che, fa notare Suzuki, «non rientra per il momento negli accordi».
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