Roma

Svelato il bluff «africano» di Veltroni

Michela Giachetta

A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si prende, dice la vecchia saggezza popolare. Un proverbio che potrebbe adattarsi benissimo a Veltroni e al suo futuro politico. «Farò altro, una volta concluso il mio mandato nel 2011», aveva detto più volte. «Ho scoperto, facendo il sindaco, che ciò che mi riesce meglio è occuparmi dei problemi concreti della gente», amava ripetere. Molti storcevano il naso, increduli e scettici. «Ma come può mollare tutto? È lui il candidato ideale per il centrosinistra alle prossime elezioni», mormoravano in tanti. «È solo un bluff», aggiungeva a chiara voce l’opposizione. Ma il «candidato ideale», ufficialmente, dichiarava la sua uscita di scena nel 2011. Porta chiusa alle spalle e via, magari proprio in Africa, terra da lui molto amata. Senza se e senza ma. Eppure ieri, un se è trapelato. «Se ci saranno mutazioni radicali in campo politico istituzionale», Veltroni non esclude una sua discesa in campo. «Il mio impegno fino al 2011 è come sindaco - aggiunge -. Credo che dopo possa continuare in altre forme, spaziando dal sociale e personale al politico. Le condizioni politiche istituzionali in questo momento richiedono qualità diverse dalle mie». E a chi gli chiede quali siano le «mutazioni radicali» che dovrebbero avvenire, Veltroni risponde: «Più poteri per il primo ministro, l’elezione diretta del premier e un sistema maggioritario bipolare». Allora sì, se ci fossero queste condizioni rinuncerebbe anche alla sua Africa. «Ma quelli sono i punti salienti del programma del centrodestra - puntualizza Marco Marsilio, capogruppo di An in Campidoglio -. Ovvero tutto ciò che la sinistra ha boicottato per decenni paventando svolte autoritarie». Veltroni chiude il discorso, aggiunge solo: «Per i prossimi quattro anni non ne voglio più parlare, adesso devo pensare a fare il sindaco». Su una poltrona che Marsilio definisce un «trampolino di lancio, in attesa del momento giusto».
«Alla barzelletta di Veltroni trasferito in Africa appena concluso il mandato da sindaco - aggiunge il capogruppo di An - potevano crederci solo i suoi cortigiani e apologeti, impegnati a farlo apparire come un santo». Michele Baldi, capogruppo di Fi, la butta sull’ironia: «Gli africani difficilmente proveranno l’ebbrezza di assistere alle tante inaugurazioni che il sindaco propina a noi». Ma, al di là delle battute, Marsilio si augura che «ora abbia fine una volta per tutte l’ipocrisia melensa che ci è stata propinata in questi anni, come se non fosse evidente che Veltroni dal Campidoglio si dà da fare nell’attesa e nella speranza di presentarsi nuovamente come il salvatore del centrosinistra». Ripete ad alta voce quello che l’opposizione dice già da tempo: «Vedrete, è solo un bluff». «Da anni Veltroni e i suoi cortigiani ci ammorbano con la favoletta, non vera, di un sindaco che pensa solo alla sua città». E, infatti, la maggioranza è proprio questo che pensa: «Il sindaco non dice nulla di nuovo - dichiara Amedeo Piva (Dl), vicecapogruppo dell’Ulivo -. Sente la vocazione di fare il Cincinnato (uomo politico romano del V secolo, che dopo essere stato console tornò ad occuparsi delle sue proprietà terriere, Ndr), ma sente anche il dovere nei confronti della collettività». Per Piva, «Veltroni è un uomo che non fugge davanti alle responsabilità. Se fra cinque anni ci fosse un appello in questo senso, non si tirerebbe indietro, ma ora è impegnatissimo a fare il sindaco». E la possibilità di vederlo sedere a Palazzo Chigi una volta concluso il suo mandato in Campidoglio, non la esclude nemmeno Pino Battaglia (Ds), capogruppo dell’Ulivo: «Vedremo quali saranno le condizioni nel 2011, il quadro delle forze politiche in campo, se e quando riusciremo a costruire il Partito Democratico». «Ora la cosa importante è che faccia il sindaco», aggiunge Battaglia, il quale però ammette che «anche da primo cittadino, Veltroni rimane comunque un autorevole dirigente politico».

Se pensassimo male, le conseguenze da trarre sarebbero immediate.

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