«Per una svista mia sorella rischia il permesso»

Il dramma di Sandra, peruviana. Centinaia le richieste annullate

«Per una svista  mia sorella rischia il permesso»

«Mia sorella si è dimenticata i francobolli. Posso inserirli adesso?». Sandra Rodriguez, peruviana, si presenta all’ufficio postale di via Cordusio ben oltre le 18 con la figlia di dieci anni per mano e i due francobolli destinati alla raccomandata per il nulla osta al lavoro. Una distrazione-beffa dopo più di 24 ore di attesa, staffette tra i familiari, notte sotto le stelle e pranzo al sacco. «Ci siamo messi in fila lunedì a mezzogiorno - spiega la signora sudamericana -: abbiamo fatto i turni e preparato panini e caffè». L’organizzazione messa a punto per permettere alla sorella di regolarizzare la sua posizione di colf presso una famiglia milanese sembrava perfetta: settimo posto in fila e raccomandata spedita a soli novanta secondi dall’apertura degli sportelli. Permesso di soggiorno quasi in una botte di ferro, quasi. «Avevamo controllato tutto con la padrona di casa, forse i francobolli sono scappati fuori all’ultimo momento. Non faccio più in tempo ad aggiungerli?».
Ma quello della ragazza peruviana non è l’unico caso di kit con errore che rischia di vanificare un’intera giornata passata in coda. A Cordusio, dove i documenti consegnati sono stati quasi 500, oltre cento domande difettose sono state scoperte e corrette dagli addetti delle poste ancora prima dell’apertura degli sportelli. «Quattro o cinque di noi sono andati tra le persone in coda a controllare i documenti - conferma il direttore Renato Coppola -. Molti non avevano riportato il codice della domanda, altri avevano indicato un numero a caso, altri ancora non avevano sigillato la busta: abbiamo distribuito la colla e rifatto da capo un centinaio di richieste». E con l’assistenza per strada la sede centrale ha smaltito la coda davanti al numero 4 di via Cordusio in soli 25 minuti, anche se il via vai di immigrati è proseguito fino a dopo le 18.

Tutto liscio, ma con un brivido per Huelga, trentenne ucraina, che dopo quasi 28 ore di attesa ha visto il terminale andare in panne proprio davanti alla sua richiesta di regolarizzazione: «Per un attimo il computer si è bloccato e mi è venuto il batticuore, temevo di morire dallo spavento».

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