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La Svizzera spaccata in due da un referendum anti-minareti

I partiti di destra hanno lanciato una campagna
per impedire la proliferazione delle moschee
ma non possono appendere i propri manifesti:
sono considerati razzisti

Matteo Sacchi
Diventa rovente in Svizzera la campagna elettorale in vista del referendum contro la costruzione di minareti, in programma il prossimo 29 novembre. Il tema era già molto caldo perché alle ultime elezioni il partito Unione democratica di centro ha ottenuto un buon successo proprio insistendo sulla necessità di limitare l'immigrazione e di mantenere l'identità culturale della Svizzera. Ora però un manifesto anti-minareto è stato vietato dalle autorità di Basilea poiché - hanno stabilito - viola la legge contro il razzismo. Il cartellone in questione raffigura una donna velata in nero in primo piano e una moltitudine di minareti che svettano coprendo quasi completamente la bandiera elvetica.
Secondo il governo cantonale viola le disposizioni in vigore nel cantone Basilea-città. Disposizioni che mettono al bando manifesti che «volutamente diffondono ideologie razziste, in cui per esempio gruppi sono catalogati in base alle loro caratteristiche fisiche o culturali, o sulla base della loro appartenenza nazionale o religiosa».
La reazione però dei promotori del referendum anti-minareti non si è fatta attendere. «Questa decisione esprime bene l'assoluto dispotismo della sinistra», ha detto Walter Wobmann, esponente locale del partito dell'Unione democratica di centro citato dall'agenzia di stampa svizzera Ats. Le sue posizioni sono state ribadite a livello federale dai promotori de referendum (l'iniziativa popolare anti-minareti è stata promossa da un comitato composto essenzialmente di rappresentanti dell'Udc e dell'Unione democratica federale). I promotori sostengono di combattere «l'islamizzazione» della Svizzera ed argomentano che il minareto non ha nulla a che vedere con la fede ma è il simbolo di un «imperialismo politico-religioso» strisciante. Il governo federale però ha preso posizione contro l'iniziativa e raccomanda di respingerla.

Eppure sono sempre di più i cittadini svizzeri che sentono la presenza islamica come una minaccia, non per razzismo ma semplicemente per la legittima paura di veder scomparire un'identità conquistata dopo secoli di convivenza pacifica fra più lingue e religioni.

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