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Svolta in Arabia Saudita, prima donna nel governo

Qualcuno la chiama rivoluzione. Non lo è e non lo diventerà. Ma è una svolta, una prima fuga dagli abissi dell’oscurantismo, un regale anelito di cambiamento declinato al femminile. Lei si chiama Noor al Fayez e passerà alla storia come la prima donna entrata nell’esecutivo di quell’inferno al femminile chiamato Arabia Saudita. Con una mossa a sorpresa re Abdallah l’ha promossa da funzionario dell’Istituto per la Pubblica Amministrazione a viceministro per l’Educazione femminile. A dirla così sembrano bazzecole, ma per un Paese dove le donne possono uscire solo se accompagnate da un uomo di famiglia, non possono aprire un conto in banca, pigliar la patente o comprarsi un biglietto aereo, non è un’innovazione da poco.
Quell’inedito profumo di donna serve a re Abdallah per rendere palese la sua voglia di cambiamento. Arrivato al potere nell’agosto del 2005, dopo l’infinita agonia di re Fahd, e salutato come il sovrano del cambiamento, si è ben guardato, per tre anni e mezzo, dal toccare gli assetti di un Paese dove l’oscurantismo wahabita è religione di Stato. Ci prova ora e quel viceministro al femminile diventa il suo cavallo di battaglia, la punta di lancia di un rimpasto ministeriale considerato il primo braccio di ferro con i falchi dell’integralismo. Da questo punto di vista la cacciata dello Sceicco Ibrahim al Ghaith, capo della Muttawa - la famigerata polizia religiosa - è molto più significativa della promozione a vice ministro della signora Noor al Fayez. Cacciando il capo dei gendarmi in divisa nera accusati d’inflessibile crudeltà nell’applicare la segregazione sessuale e nel punire i «peccatori», il re apre alla tolleranza, lenisce l’atmosfera di paura, libera dall’oppressione la vita sociale.
Il primo a parlare di tolleranza è lo sceicco Abdul Aziz al-Humain, successore del detestato capo della Muttawa. «Le nostre preoccupazioni sono le vostre, tenteremo – promette - di esser più vicini al cuore di ogni cittadino». L’altra vittima eccellente è lo sceicco Salih Ibn al Luhaydan, l’inflessibile capo della magistratura religiosa che, a settembre, definì ammissibile l’uccisione dei proprietari di televisioni colpevoli della diffusione di programmi immorali. Ma nel Paese dove le donne non possono andare dal dentista o testimoniare in tribunale e dove la denuncia della violenza sessuale porta spesso alla condanna della vittima, il vero simbolo della svolta diventa il volto della signora Noor al Fayez. A lei guardano tutte le saudite che sperano nel riscatto e nella promozione sociale. A quella nomina fanno riferimento i sostenitori di un regale quanto storico cambiamento.

«Questa è la più grande svolta degli ultimi 20 anni - garantiva ieri Mohammed al Zulfa membro del consiglio della Shura, una sorta di assemblea consultiva -, la gente s’aspettava il cambiamento e re Abdallah ha veramente dato il via ad una nuova era».

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