A leggere i commenti dei giornali, Silvio Berlusconi se n’è andato, ma appena appena. E al vertice del Popolo della libertà, nella veste di segretario, non ci sarebbe un uomo vero e proprio, con la sua bella personalità e una certa autonomia, bensì un ventriloquo del padrone. Tutto può essere, anche che Michele Brambilla, editorialista della Stampa, abbia ragione nel dare torto a chi pensa vi sia stata una svolta nella politica italiana.
D’altronde, se uno sta una volta a sinistra e una volta a destra, primo o poi azzecca la posizione giusta. L’importante è sapere da quale pulpito viene la sua predica, così il lettore capisce sino a che punto meriti di essere ascoltata e di essere presa sul serio. Qui non si tratta di parlare male dei colleghi, ma almeno di dire chi sono, da dove vengono, dove volevano andare e dove sono andati. Brambilla, per esempio, che ieri ha scritto un articolo al vetriolo sul cambio di timoniere nel Pdl, solo due anni fa era vicedirettore del Giornale . Sì, questo Giornale. Dal quale uscì in coincidenza col mio arrivo alla direzione. Perché gli ero, e magari gli sono ancora, antipatico? Non so.
So che qualche anno fa gli ero simpaticissimo, al punto che, volendo diventare direttore della Provincia di Como (si era stufato di stare al Corriere della Sera in seconda fila) venne da me, tramite Alessandro Sallusti, per avere un appoggio. Che puntualmente gli diedi senza violentarmi, perché consideravo e considero Michele un ottimo giornalista. Il quale Michele, forse anche grazie al mio intervento in alto loco, assunse la guida del suddetto quotidiano. Dove rimase buono buono per alcuni anni.
Poi si stufò. E di nuovo bussò alla mia porta, quella di Libero, che all’epoca era un mio feudo, e io gliela aprii per via del fatto che lo stimavo. Lo stimavo e lo ammiravo perché aveva pubblicato un libro coraggioso e anticonformista, L’eskimo in redazione, in cui faceva le bucce alla nostra categoria, venduta alla sinistra peggiore, prona e subalterna non solo al Pci, ma anche ai terroristi e ai loro occulti aiutanti. Un bel saggio. Sicché dissi a Brambilla: ti offro il posto di vicedirettore, il massimo disponibile. Lui accettò e per alcuni mesi se ne stette tranquillo.
Una mattina si affacciò al mio ufficio e sussurrò: mi hanno fatto una proposta di quelle che non si possono rifiutare (testuale). E tu non rifiutarla, gli risposi. Emigrò al Giornale, vicedirettore, e di lì a un annetto si recò ad Arcore, dal padrone che ora disprezza, nella speranza che questi lo raccomandasse al fratello Paolo allo scopo di sostituire Maurizio Belpietro in procinto di lasciare la direzione. La sua non fu una trasferta produttiva, perché a Belpietro subentrò Mario Giordano (che i lettori del presente quotidiano ben conoscono e apprezzano, visto che lo leggono proprio su queste colonne).
Sarà per questo che il caro Michele è diventato antiberlusconiano? Non credo. Non voglio crederlo. Però è un fatto che, passato alla Stampa di Torino, egli salì sul carro degli antiberlusconiani, su cui, a giudicare da ciò che scrive, si trova a proprio agio. Perché ho raccontato questa storia apparentemente marginale? Perché è paradigmatica, direi emblematica. Se Berlusconi (o uno del suo giro) ti fa un favore, è un dio. Se pensi che ti abbia fatto uno sgarbo, è un coglione. Tutto ciò è molto umano, ma fa schifo. Fa schifo leggere commenti negativi e sprezzanti sul Cavaliere firmati da personaggi che danno l’impressione di avercela con lui per motivi strettamente personali, dopo aver dato a lungo l’impressione di volergli stare accanto disinteressatamente, si fa per dire.
Il numero dei suoi detrattori è in forte crescita da quando, secondo la vulgata, Silvio è in difficoltà per varie cause che non vale la pena di ricordare dato che sono arcinote. Tutto ciò che egli fa è giudicato un errore da pivello in stato confusionale. Il Cavaliere sbaglia se insiste a rimanere leader del Pdl e sbaglia se decide di consegnare il partito a un giovane di sicuro avvenire quale Angelino Alfano. Possibile che sbagli sempre, sia che faccia una cosa o l’esatto contrario?
È chiaro che le critiche sono ispirate a pregiudizio o a risentimenti spesso inconfessabili. Non c’è nulla di oggettivo nelle parole ostili al Cavaliere che si stampano a iosa e si pronunciano ogni dì in televisione. Il premier si attacca per principio, perché è ricco, potente, immarcescibile. C’è inoltre un retropensiero nella testa di chi non lo sopporta; il timore che, per quanto in questo momento appaia debole, egli sia comunque più forte di quelli che pretendono di scalzarlo. Timore fondato.
In effetti la mossa di delegare Alfano al disbrigo degli affari di partito segnala che il premier ha intenzione di dedicarsi interamente al governo, altro
che mollarlo. Se la mia interpretazione è corretta, cari antiberlusconiani mettetevi il cuore in pace: vi godrete Berlusconi ancora per un bel po’. Tutti i Brambilla si preparino a intingere il pennino nella bile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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