Svolta storica: l’Arabia regala il voto alle donne

Per timore di rivolte, re Abdullah concede alle signore anche di candidarsi. Ma i conservatori meditano vendetta

Svolta storica: l’Arabia  
regala il voto alle donne

Un assaggio di rivoluzione nell’anno della primavera araba. Un assaggio offerto per gentile concessione di un sovrano 88enne. Un assaggio capace di cambiare il volto tetro dell’Arabia Saudita. Ma anche di farlo esplodere liberando rabbia e fanatismo. Comunque vada re Abdallah, sovrano classe 1923, ha fatto il grande passo. Ha concesso alle invisibili e velate suddite il diritto di votare e farsi eleggere. Non sarà per domani, non sarà per le elezioni amministrative del 29 settembre, ma resta comunque il più grande segnale di cambiamento in un regno ostaggio del fanatismo wahabita. Un regno dove grazie alla riforma di re Abdallah le donne potranno – a partire dalle prossime elezioni amministrative - votare e farsi eleggere. E non solo. La svolta di re Abdallah apre alle donne anche i cancelli del «Majlis as Shura», il consiglio consultivo a cui spetta il diritto di proporre al re nuove leggi o esprimere pareri consultivi su quelle già emanate. A svelare la rivoluzione è lo stesso sovrano con un messaggio televisivo in cui - pur non usando la parola voto - annuncia la piena partecipazione femminile al «processo di nomina». «L’abbiamo deciso perché in base alle linee guida della Sharia, e dopo lunghe consultazioni con i nostri esperti religiosi, riteniamo di doverci opporre – spiega l’anziano sovrano - alla marginalizzazione delle donne nella società saudita».
L’annuncio fa intendere, nella sua regale cripticità, quante e quali difficoltà si celano dietro la riforma. Le «consultazioni» equivalgono probabilmente a vere e proprie faide tra i settori più intransigenti del culto wahabita e quelli più disposti a sostenere i tentativi di modernizzare il paese. Certo le incognite sono tante. La prima e più evidente riguarda l’avvio della riforma. In teoria tutto dovrebbe iniziare con le prossime elezioni amministrative, previste per il 2016. Ma quando c’è di mezzo un voto nulla in Arabia Saudita è certo. Il voto esclusivamente maschile per l’elezione dei consigli locali, l’unica forma di suffragio concessa oggi ai sudditi sauditi, è un’innovazione introdotta nel 2005 e consente solo la nomina della metà dei rappresentanti dei consigli locali. L’altro 50 per cento continua ad esser scelto dalla casa regnante e dai suoi emissari. Anche con queste limitazioni l’unica forma di voto possibile resta soggetta alla volontà del sovrano. Le elezioni del prossimo 29 settembre arrivano, ad esempio, dopo il rinvio per due anni di quelle previste nel 2009. Rinvii ed incertezze sono il segnale delle profonde divisioni intestine del regno. Non più tardi del 2010 re Abdullah ha dovuto cacciare dal «Consiglio dei saggi islamici» lo sceicco Saad bin Naser Al Shetrhri protagonista di un’estenuante opposizione alle classi miste introdotte all’Università di Scienza e Tecnologie, il college aperto per volontà di re Abdallah e considerato il più avanzato del paese. Nel febbraio 2009 un’altra sudata svolta è stata la nomina a sottosegretario per l’educazione di Norah al-Fayez prima donna saudita a ricoprire una carica ministeriale. Le innovazioni di re Abdallah devono però far i conti con le forze integraliste presenti non soli ai vertici religiosi, ma anche all’interno della casa reale. Una scomparsa di re Abdallah seguita dalla salita al trono di un esponente delle fazioni più conservatrici porterebbe immediatamente indietro l’orologio della storia. Neanche una corsa in avanti è facile.

Per tenere a freno la voglia di rivolta diffusasi dopo le rivolte egiziane e tunisine, il sovrano ha dovuto quest’anno spendere 37 miliardi di dollari per sovvenzionare i disoccupati, garantire gli studi ai più disagiati, finanziare le case per le giovani coppie e cancellare i debiti individuali. Ma una parte di quei miliardi serviranno anche a far decollare un canale televisivo dedicato esclusivamente allo sport. Perché se non li puoi far decidere, li devi almeno far divertire.

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