(...) Secondo il giudice, infatti, «non cè la prova dellintenzionalità» del gesto attribuito alla supplente, per la quale il pm Marco Ghezzi aveva chiesto una condanna a quattro mesi con laccusa di lesioni volontarie aggravate dallabuso di ruolo. Contestazione derubricata dal tribunale, che contesta alla maestra «un comportamento colposo», anche in ragione di «un contesto di reciproca provocazione con il bambino disturbatore in cui il piccolo (un tunisino di 7 anni, ndr), anziché azzittirsi di fronte alla minaccia della maestra di tagliargli la lingua, si era fatto più spavaldo e si era avvicinato a lei protendendo la lingua». E lei, linsegnante, «invece di desistere dal gioco pericoloso per adottare più idonee contromisure di disciplina, si lasciava coinvolgere dalla sfida, e permetteva» che il piccolo «avvicinasse sempre di più la lingua alla forbice, che lei teneva in mano con le lame aperte, fino a inserirla fra le stesse». Insomma, sembra quasi che sia il bambino a favorire lincidente. La maestra, piuttosto, tiene un comportamento imprudente. Genesi di un episodio sfortunato, «frutto di superficialità» e di «uninadeguata reazione della giovane insegnante allindisciplina del bambino», di cui ha «ingenuamente accettato le infantili provocazioni». Anche perché lalunno «presenta tratti di personalità e comportamenti peculiari, con atteggiamenti ipercinetici, difficoltà di concentrazione, indifferenza allautorità nel rapporto con ladulto».
Alla ragazza, quindi, viene attribuita la leggerezza di essere stata «coinvolta in un gioco di provocazione», «forse confidando nellapparente inefficienza delle lame che appaiono adatte solo al taglio della carta». Per questo, «avrebbe chiuso le forbici, applicandovi una modesta forza», «desistendo subito dallazione non appena resasi conto delle conseguenze».
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