Tagli con il trucco anche al Senato: salta l’aumento

I politici rinunceranno a 1.300 euro in più. Il risparmio di sei milioni di euro va allo Stato

Tagli con il trucco  anche al Senato:  salta l’aumento

Roma - L’apparenza è lodevole, la sostanza è una piccola farsa. Anche il Senato, come la Camera, ha deciso di «ridurre» le indennità dei parlamentari. Del 13% ha stabilito l’ufficio di presidenza, riunitosi ieri a ruota della Camera, che l’aveva fatto il giorno prima. Il taglio ammonta a circa «1300 euro lordi, pari al 13% dell’indennità». Per fortuna ieri qualcuno ha spiegato la verità: lunedì alla Camera era stata ostentata una riduzione di 1300 euro lordi nella mensilità degli onorevoli con grande clamore. Palazzo Madama ieri ha agito allo stesso modo, anche se bisogna dare atto al Senato di aver preso un provvedimento più limpido.

Ma nell’uno, come nell’altro caso, non si tratta di tagli, bensì di mancati aumenti. Ha spiegato ieri il questore senatore Paolo Franco (Lega): «Non ci sarà una riduzione della busta paga dei senatori, la cui indennità rimarrà intorno ai 5mila euro, però non ci sarà l’aumento che avrebbe comportato il sistema contributivo per le pensioni dei parlamentari». Il passaggio al sistema pensionistico contributivo anche per i parlamentari avrebbe comportato una riduzione dei contributi, e dunque un aumento dell’indennità lorda e netta. Abolire il privilegio del vitalizio, che consentiva a un deputato e a un senatore di percepire la pensione già dai cinquant’anni di età, era stato un atto dovuto dopo la riforma delle pensioni del governo Monti. Ma sarebbe stato uno scandalo se la soppressione del vitalizio fosse stata affiancata da un premio, quei settecento euro netti in più al mese. Sia i deputati che i senatori hanno deciso di non aggiungere nulla al proprio stipendio.

«È la stessa decisione assunta ieri dall’Ufficio di presidenza della Camera - ha chiarito ancora Franco - ma con una differenza non di poco conto. Mentre i risparmi del taglio dei deputati confluiranno in un fondo a disposizione dei parlamentari, diciamo pure un fondo nero, quelli dei senatori saranno restituiti allo Stato e quindi ai cittadini». Le decisioni sono state prese all’unanimità, ma in consiglio di presidenza ci sarebbero state tensioni per il protagonismo della Lega.

Il risparmio dai mancati aumenti delle indennità dei senatori sarà di circa sei milioni di euro. Alla Camera il denaro non percepito rimarrà in un fondo interno, al Senato queste mancate entrate saranno restituite alle casse pubbliche: «Il Senato chiederà allo Stato circa 6 milioni in meno di dotazione».

La novità partita ieri da Palazzo Madama, che ha bruciato sui tempi la Camera, è poi la decisione di ridurre «una serie di benefit» riservati agli ex presidenti del Senato, e di renderli a tempo determinato. L’annuncio lo ha dato lo stesso presidente Renato Schifani. Il provvedimento è atteso per febbraio. Marcello Pera, Nicola Mancino, Carlo Scognamiglio e Franco Marini hanno tutti un ufficio con uno staff di segreteria pagato dal Senato. Hanno anche diritto all’auto con l’autista.

Il secondo risparmio riguarda le spese per gli affitti, ridotte di un milione e mezzo: la «bella notizia», ha spiegato ancora Schifani, è la rinuncia del Senato a un magazzino al Trullo, nella periferia di Roma, che costa appunto 1,5 milioni di euro.

Gianfranco Fini ha dichiarato di adeguarsi immediatamente: «Sono d’accordo, parlerò con Schifani e, come per le precedenti questioni, i due rami del Parlamento uniformeranno le loro decisioni». La ricetta di tagli per Fini deve però partire dalla riduzione «del numero dei parlamentari», perché 945 «e centinaia e centinaia di consiglieri regionali finiscono per determinare un costo certamente rilevante».

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