Tagliamo i fondi a chi tollera l’antisemitismo

Arturo Diaconale

C'è un solo modo per frenare l'ondata di antisemitismo che si va diffondendo a macchia d'olio negli atenei della penisola. Ed è quello di responsabilizzare i rettori ed i corpi accademici delle università.
Letizia Moratti ha chiesto esplicitamente ai rettori delle università italiane il massimo impegno contro il ripetersi di fenomeni di violenza, intolleranza e antisemitismo.
E i rettori non hanno avuto alcuna esitazione nel rispondere al ministro dell'Istruzione con un documento pieno di condanne per gli episodi incriminati e di buoni propositi per il futuro.
Ma tutto questo rischia di non bastare. Per responsabilizzare concretamente i corpi accademici c'è solo una strada. Quella della minaccia di chiudere i cordoni della borsa nei confronti degli atenei in cui i fenomeni di intolleranza antisemita sono ricorrenti.
La proposta è dunque di tagliare i finanziamenti alle università dove si tollerano comportamenti violenti ispirati alla teoria che pone il complotto giudaico-capitalista alla radice dei mali del mondo.
Non per censurare opinioni o svolgere azioni coercitive e punitive di sorta. Solo per affrontare all’origine il problema della diffusione del neo-razzismo nelle università.
Sbaglia, infatti, chi pensa che il fenomeno dipenda dalla forsennatezza giovanile dei gruppi studenteschi più oltranzisti, da quelli no-global a quelli neo-nazisti uniti per l'occasione da un antioccidentalismo ideologico ricevuto in eredità dagli antenati comunisti e fascisti.
Alla base dei sempre più frequenti episodi di intolleranza politica e razziale negli atenei, c'è il conformismo politicamente corretto e la tradizionale pavidità di gran parte dei corpi accademici.
La cultura che domina nelle università e che viene inoculata a dosi massicce agli studenti, non è pluralista ed aperta.
È quella egemone e chiusa dei professori post-sessantottini.
Si tratta dei docenti che per un verso si sono aggrappati al terzomondismo dopo il fallimento del comunismo. Che per l'altro hanno perpetuato la cultura dei cattolici progressisti ancora pervasa dalle suggestioni fasulle della teologia della liberazione. E che per l'altro ancora hanno mescolato sincreticamente l'uno e l'altro dando vita ad una vulgata falso-buonista che paradossalmente educa i giovani non ai valori della libertà e della democrazia ma a quelli dell’odio e dell'intolleranza.
I cattivi studenti, in altri termini, sono la conseguenza dei «cattivi maestri».
Nessuno chiede per costoro un pensionamento che pure sarebbe salutare. Basta la responsabilizzazione. Purché sia effettiva.


Non solo con gli appelli ma anche toccando i «cattivi maestri» sull'unico punto in cui sono realmente sensibili.
Quello della «borsa»!

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