Un tagliand(in)o per far ripartire il Pdl

Un tagliand(in)o per far ripartire il Pdl

(...) le colpe, se ci sono. Ma è innegabile che resta la sensazione di accerchiamento verso un politico che, comunque la si pensi, ha dato moltissimo alla Liguria. E che, comunque la si pensi, ha avuto la straordinaria dignità, rarissima nella storia della Repubblica, di dare le dimissioni non una, ma due volte.
Lo scriviamo noi che, spesso unici, nel silenzio di tanti che oggi tacciono e che applaudivano Scajola a ogni piè sospinto ogni volta che c’era da attaccarsi alla sua greppia, salvo poi scomparire nel momento delle difficoltà, abbiamo criticato certi eccessi dello scajolismo: dalla sovrabbondanza di plauditores attorno a lui, a un amore eccessivo per le scorte e i codazzi, passando per una fiducia troppo campanilistica nell’aeroporto di Villanova d’Albenga, fino ad alcune decisioni monocratiche su candidature e scelte nel partito, non tutte azzeccate, alcune sbagliatissime (alcune, invece, ottime, come dimostrano risultati mai ottenuti dai moderati in Liguria). Insomma, se spesso in Italia occorreva l’unzione del signore, il Cav, in Liguria serviva essere bis-unti, passando anche per Claudio Scajola. E non mi pare di ricordare distinguo significativi da parte dei bis-unti nel momento dell’unzione. Anzi.
Ma, per l’appunto, basta sfogliare le raccolte del Giornale di Genova e della Liguria per trovare tutto questo. Però, sfogliandolo, si troverebbero anche moltissimi articoli, tanti firmati da me, che riscriverei pari pari oggi, in cui si dà a Scajola ciò che è di Scajola: uno straordinario impegno per fare avere risorse e dare maggiore dignità nazionale alla nostra terra. E che - a differenza di alcuni bis-unti, non tutti, per carità, sono in tanti anche quelli leali e quelli che non hanno dimenticato il significato della parola riconoscenza - gli riconosco anche oggi. A differenza di alcuni di quelli che gli devono tutto.
Anzi, credo che tutte le vicende di questi mesi, quella che Scajola chiama «la mia croce», l’abbiano migliorato umanamente, limandone alcune ruvidezze e spigolosità caratteriali, così come una timidezza di fondo, facilmente confondibile con un profumo di arroganza. Ma, per l’appunto, dalle difficoltà è uscito uno Scajola migliore: me l’hanno testimoniato recentemente due o tre amici, che non c’entrano con la politica, e che mi hanno raccontato proprie vicende nelle quali Scajola non si è mai tirato indietro, soprattutto nel momento del bisogno. Insomma, un comportamento da uomo. Una nostra lettrice, invece, mi ha mostrato una bella lettera che le ha scritto Scajola, che pure non conosce personalmente, per ringraziarla della sua vicinanza.
E non mi sembra un caso se, come vi racconta Federico Casabella in queste pagine, siamo stati travolti di fax e mail, soprattutto di cittadini imperiesi, che solidarizzano con l’ex ministro. Comunque, un bel segno.
Proprio per questo, i tagliandini del Giornale - che ovviamente proseguono la loro corsa, con la bella sorpresa dell’inserimento di nomi nuovi, alcuni addirittura che ringraziano ma si chiamano fuori (Matteo Rosso ha spiegato di non correre, Walter Pilloni ha scritto per appoggiare Massimo Pernigotti, Antonio Cassano è meglio che pensi alla Samp piuttosto che alla Provincia) - possono essere l’occasione per far sentire la loro vicinanza all’ex ministro.
Per dirla tutta, non penso che fare il numero uno della Provincia di Genova sia l’ambizione massima di Claudio Scajola. Anzi, penso che sappia dov’è Palazzo Spinola, fondamentalmente solo perchè è anche la sede della prefettura di Genova, massima rappresentanza del governo nella regione.

Eppure, anche se difficilmente correrà per la presidenza della Provincia, credo che anche una raffica di tagliandini con il suo nome potrebbe essere un modo di fargli sentire la vicinanza di un popolo, quello della libertà, senza maiuscole e simbolini berlusconiani, che comunque non dimentica il suo lavoro. Soprattutto, nel momento più difficile.
Quando tutto va bene è facile applaudire il potente. Quando il potente è un po’ meno potente, ci vuole cuore. Ci vuole il popolo del Giornale.

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