«Taglierò gli sprechi come rami secchi»

La bellezza di una rosa; l’opacità, pur leggibile, della politica. È la visione della mentalità comune riguardo a due cose apparentemente lontane. Ma se un politico, guarda caso il neoministro all’Agricoltura, coltivasse rose con passione, la realtà potrebbe cambiare? Villa Rodella, ai piedi dei Colli Euganei, in Veneto: non c’è momento in cui Giancarlo Galan, non se ne preoccupi, quando è distante da Roma. Libero dai Consigli dei ministri, si perde tra i roseti. «Avrà notato - dice - la maggior parte sono rosa. In fondo c’è un cespuglio di gialle e all’entrata uno di rosse, ma le altre sono rosa perché questo è l’unico, vero colore di un fiore leggendario».
Colore poco usato per un simbolo politico.
«Forse perché ritenuto troppo femminile. Ci si potrebbe pensare, fino ad ora lo abbiamo tenuto soltanto in quota! Qui? Faccio tutto da solo; soprattutto mi dedico alla potatura».
Operazione difficile anche nel suo nuovo incarico.
«Necessaria. Le rose mi insegnano a essere il contrario di quei politici che quando arrivano nominano gli amici. Sarà la mia rivoluzione liberale: potare i rami secchi che allo Stato costano come vivi. Il ministero ha dirigenti di grande competenza, ma si può farlo funzionare meglio».
Si dice che lasciare il Veneto sia stata una corona di spine.
«Venezia ormai era mia figlia. Ma le spine ora sono passate e il mio compito è battermi per ottenere dall’Europa mille e cento milioni; i soldi saranno per chi coltiva. Bisogna frenare l’esodo dai campi: le rose fioriscono in Veneto come in Puglia».
Ovvero, non sono federaliste.
«Federalismo! È un’arte dalla non scontata applicazione. Abbiamo regionalizzato le Agea, enti delle politiche agricole. Ora solo 7 Regioni l’hanno fatto. Così abbiamo sette Agea regionali e una nazionale. Cosa significa? Che abbiamo aumentato le spese di consiglieri e consiglieri».
Ama il rosa, ma sul Verde manifesta perplessità. Si racconta che quando avrebbe potuto prendere il ministero di Scajola non l’ha voluto per non lasciare l’Agricoltura alla Lega.
«Il verde è di contorno all’azzurro. Va di moda, ma cosa vuol dire? Per 40 anni sono andate di moda le rose bianche e anche loro sono sfiorite! Come le ho detto, ho solo una pianta di rose rosse: questo è l’importante, che il rosso sia poco. A proposito le racconto un episodio, per comprendere come il giardino insegni. Non lontano da qui c’è un vivaista: in primavera mi telefona per dirmi che in Olanda hanno creato il tulipano Berlusconi. È piccolo e rosso; i fiori rossi sono i più tenaci e non dobbiamo dimenticare la loro resistenza. Per ritirarli dal mercato ho acquistato i 3mila bulbi e li ho portati ad Arcore».
Cosa è successo?
«Credo che siano stati piantati nel parco. Ma cento, però, li ho tenuti».
Li farà piantare in quella giornata che è diventata un rito?
«Certo. Due sono le date di Villa Rodella: il bulbo day e la giornata dell’agricoltura. Noi ci siamo sempre vergognati di essere gente che coltiva la terra. Perché? In pochi anni il reddito di un agricoltore è sceso del 36%, ma in questo momento un appello ai giovani perché riconsiderino la campagna va fatto. Vorrei riconsegnare il suo aspetto nobile a questa professione, iniziando dal Vinitaly. Si potrebbe istituire un Rosa Day nazionale».
Se paragonassimo il Consiglio dei ministri a una rosa, vi definireste tutti uguali?
«No, ma non le dirò la ragione».
Perché c’è una super rosa chiamata Tremonti?
«Tremonti ha i suoi pregi: è rifiorito, poi è persona di straordinaria competenza».
Prima ha ricevuto una telefonata di Gianni Letta. Come mai ci sono fiori che non appassiscono?
«Hanno meriti straordinari. La loro stagione esalta il colore della politica che deve essere unitario, compatto. Non amo le rose screziate: quelle che sono un po’ rosetta, un po’ verdine, un po bianchicce!».
Come Aldo Brancher?
«Sono ministro dell’Agricoltura, poto dove è di mia competenza. Penso agli enti che vanno ripensati, come BuonItalia, che fu creata da Alemanno».
Già, si dice che non ami neppure i fiori neri!
«Ho una peonia nera: ma non è proprio nera nera».
È vero che con la crisi diventeremo come la Grecia?
«Non diciamo sciocchezze. Un politico è sempre ottimista. Io vedo rosa. Dobbiamo valorizzare il paesaggio. Ci sono piante che rappresentano tutte le nostre realtà. C’è l’albero dei comunisti, un giaggiolo che mi regalò Walter Vanni».
C’è anche quello di Di Pietro?
«No, perché è un tirchio e non regala mai nulla».
Ha mandato rose a Zaia per la sua elezione in Veneto?
«Fiori no, messaggi sì. I mazzi recisi poi sono di tanta immagine ma durano poco!».
Dovrà combattere contro le malattie dei roseti! Dov’è in Italia la cocciniglia?
«Nelle 440mila persone che hanno vissuto solo sul clientelismo della politica. Bisogna estirparle. Ma senza sostanze chimiche, solo mosse intelligenti e coraggiose».
Galan sorride. Prima dirigente di Publitalia, poi la presidenza della Regione, ora ministro. Si ritiene un vero politico?
«Sì.

E la politica, così come la intendo, non è un meccanismo ciarliero, graminaceo, è un congegno elegante. Venga ora le mostro... ».
Una rosa a cui non è mai stato dato un nome?
«La rosa Camillo Benso conte di Cavour, primo ministro dell’Agricoltura di questo Paese».

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