Roberto Fabbri
«Tra poco sarà il primo anniversario del martirio dei diciannove giovani italiani morti per la causa della libertà del nostro Paese. Per noi iracheni loro sono degli eroi, il mio pensiero va alle loro famiglie e prego Dio che li preservi nel Paradiso. Mi auguro che siano le ultime vostre vittime del terrorismo nel nostro Paese». Con queste parole di commossa partecipazione al ricordo dei caduti italiani di Nassirya, pronunciate al suo arrivo allaeroporto romano di Ciampino, il presidente della Repubblica iracheno Jalal Talabani ha cominciato la sua visita ufficiale in Italia, che durerà fino a sabato.
Nel pomeriggio Talabani è stato ricevuto al Quirinale dal presidente della Repubblica Ciampi, presente il sottosegretario agli Esteri Mantica. Da ieri sera sono cominciati una serie di incontri istituzionali (il premier Berlusconi, i presidenti del Senato e della Camera Pera e Casini, il ministro degli Esteri Fini): si parlerà del rafforzamento dei rapporti bilaterali, ma anche di aiuti italiani allIrak e di scambi commerciali, presenti i ministri competenti. Ai colloqui istituzionali è previsto che si aggiungeranno incontri con leader politici dellopposizione quali Prodi, Fassino e Rutelli. Talabani sarà anche ricevuto in Vaticano da papa Benedetto XVI e rappresenterà lIrak a una conferenza sul dialogo tra le religioni.
La visita di Talabani giunge mentre in Italia (ma anche in altri Paesi che partecipano alla coalizione internazionale a guida americana, come per esempio lUcraina e lOlanda) si discute dei tempi e delle modalità di un ritiro delle truppe dallIrak. Consapevole dellascolto che trovano in Italia quanti pretendono un ritiro immediato, il presidente Talabani ha fatto precedere il suo arrivo nel nostro Paese da unintervista concessa al quotidiano La Stampa, nella quale ha definito una catastrofe un eventuale nostro ritiro. Nellintervista, pubblicata ieri, Talabani ha difeso con decisione le conquiste democratiche del nuovo Irak e ha detto chiaramente che un ritiro anticipato consegnerebbe il suo Paese ai terroristi. Per il presidente iracheno le discussioni sullopportunità di scatenare a suo tempo la guerra in Irak dovrebbero essere concluse e largomento consegnato alla storia. Adesso, afferma, lIrak va osservato «con occhi nuovi per comprendere una semplice realtà morale: noi stiamo da una parte e i terroristi dallaltra. Scegliere da quale parte stare non è difficile».
E ieri sera, parlando al Tg1, il presidente dellIrak ha ribadito: un ritiro italiano, anche graduale, sia deciso daccordo con noi.
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