Talarico: «In Impregilo il 30% è poco, Ligresti e soci pronti a salire»

Talarico: «In Impregilo il 30% è poco, Ligresti e soci pronti a salire»

da Milano

«Devo ammetterlo: quel 30% ci va un po’ stretto». Antonio Talarico, vicepresidente di Impregilo e manager di punta del gruppo Ligresti, si riferisce al controllo del primo gruppo di costruzioni italiano. Oggi tre soggetti - Autostrade-Benetton, Gavio e Immobiliare Lombarda-Ligresti - possiedono in parti uguali il 29,548% di Impregilo attraverso il veicolo Igli: un assetto stabile, con quote sindacate fino al giugno 2008. «Si era discusso se inserire - spiega Talarico - la clausola del change control, e cioè di sciogliere il sindacato nel caso di cambiamenti nell’azionariato di uno dei tre azionisti, perché Abertis sembrava a un passo da Autostrade. Si optò invece per limitare a un anno la durata del sindacato»
Quindi potrebbero esserci dei movimenti nell’assetto di controllo...
«In ogni caso, ripeto: il 30% è poco»
Temete scalate?
«Non ne abbiamo sentore, ma la nostra è una maggioranza risicata. Impregilo è un gioiello e può far gola a molti. Vedo che nell’azionariato si sono posizionati molti fondi, che evidentemente credono nella società in un’ottica di lungo termine. Oggi i tre soci di Igli sono concordi nel voler investire per la crescita dell’azienda»
Ma crescere oltre la soglia del 30% vi obbligherebbe all’Opa. È un’opportunità alla quale pensate?
«L’Opa sarebbe la via più semplice e diretta. Ma in realtà stiamo studiando ogni possibilità offerta dalle norme. In perfetta sintonia tra di noi».
Si profila un aumento di capitale
«Sì, ma prima dovranno essere chiariti tutti gli aspetti della vicenda napoletana. Ci sono stati e ci sono incontri con la Procura di Napoli per consentire all’azienda di lavorare serenamente. Le vicende della Campania si riferiscono comunque alla vecchia gestione di Impregilo, non a quella attuale».
Avete dato incarico a Mediobanca di studiare come crescere
«Sì, ha prodotto uno studio molto approfondito. Sul panorama italiano non sembrano esserci opportunità di acquisizioni. I due gruppi più interessanti, Astaldi e Condotte, non sono venditori. Vedremo sullo scenario internazionale».
Di Astaldi tuttavia si parla da molto tempo. Ci sono stati dei contatti?
«Immobiliare Lombarda (società del gruppo Ligresti, di cui Talarico è amministratore delegato, ndr) ha acquisito insieme ad Astaldi il villaggio americano della Maddalena, e quindi abbiamo avuto occasione d’incontrarci. Io credo che un progetto d’integrazione avrebbe forte valore. Ma bisogna che le idee maturino lentamente. Intanto cresciamo da soli. Abbiamo un portafoglio ordini da 13 miliardi».
Compreso il Ponte sullo Stretto?
«È un contratto firmato, con piena validità. Nessuno lo ha disdettato. Non siamo soli, titolare è un consorzio di cui fa parte anche un gruppo giapponese. Se ci sarà un no ufficiale, è già previsto un arbitrato».
E sull’Alta Velocità si andrà avanti?
«A parte i cantieri su cui già lavoriamo, sull’asse Milano Torino, sembra che si torni a un via libera per la Milano Genova, il cui contratto era stato annullato con decreto.

Abbiamo acquisito di recente due incarichi in Libia, per un albergo da 600 camere e una torre di uffici alta 180 metri, entrambi a Tripoli: è un Paese con grandissime potenzialità. Poi due impianti di desalazione a Dubai, due in Cile. Ci stiamo muovendo in Russia, in Cina, in India...».

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