Le tangenti non fermano il piano Falck

Milano Gli unici a brontolare e a tirarsi indietro, chiedendo di congelare tutto in attesa degli esiti dell’inchiesta penale, sono stati quelli dell’Idv. Ma la robusta maggioranza di centrosinistra che governa Sesto San Giovanni è andata avanti per la sua strada anche senza i voti del partito di Di Pietro. Così da venerdì notte il piano di riconversione della Falck è stato definitivamente approvato. Anche se per la Procura l’area sterminata della vecchia acciaieria sestese è - in un certo senso - il corpo del reato, perché è sulla sua riconversione che viaggiarono una parte delle stecche del costruttore Giuseppe Pasini al sindaco di allora Filippo Penati, il nuovo sindaco Giorgio Oldrini ha deciso di andare avanti per la sua strada. Tangenti o non tangenti, sostiene Oldrini, quel piano serve. «Quale progetto in Italia prevede che, su 1,4 milioni di metri quadri, 1,1 passino al Comune? Dove si realizzano 180 mila mq di edilizia convenzionata e sociale?».
Così da venerdì sera il piano di riconversione Falck è diventato operativo, allo stesso modo in cui in agosto - quando l’inchiesta sulle tangenti a Penati era già esplosa - il Comune di Sesto e la Regione Lombardia ratificarono senza ripensamenti un altro piano su cui erano volate robuste stecche, quello per la riconversione della «Ercole Marelli». In quel caso la situazione era vagamente surreale, perché il Comune di Sesto firmò l’accordo con gli stessi imprenditori (Pasini e Di Caterina) divenuti nel frattempo i grandi accusatori del sistema tangenti. Sulla Falck la situazione è diversa perché il terreno è passato di mano due volte: da Pasini a Luigi Zunino, e da questi (travolto dal quasi-crac di Risanamento) alla cordata guidata da Davide Bizzi, un giovane costruttore milanese già protagonista di un joint venture con un fondo coreano che ha realizzato un grattacielo a Manhattan.

Ed è la nuova cordata a candidarsi a portare avanti il progetto firmato da Renzo Piano - e oggetto nel corso di questi anni di una serie di rilevanti mutamenti, alcuni anche recenti - per demolire, bonificare e riedificare la più grande area dismessa d’Italia.
La Procura di Monza ha meditato a lungo se fosse necessario - davanti alle rivelazioni emerse nel corso dell’inchiesta - bloccare l’operazione. Ma alla fine ha rilasciato un tacito via libera.

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