Roma L’ordine di scuderia sarebbe quello di convincere il mondo che l’onda anomala giudiziaria contro il Pd in realtà è una pioggerella di singoli casi. Peccato che non tutti obbediscano. Anzi, nel Partito democratico si fanno sentire praticamente solo quelli che buttano il sale nelle ferite. Evocano lo spettro dell’infiltrato «socialista», scaricano le colpe sui Ds. Ai più non dirà niente, ma nella simbologia barocca della sinistra italiana affermare che uno è dei disciolti Ds significa bollarlo come dalemiano (i Democratici di sinistra una creazione di Massimo D’Alema), insinuare che il malcapitato è quinta colonna dei craxiani. Il tutto per colpire un bersaglio che emerge sempre più nitidamente, il segretario Pier Luigi Bersani.
Il problema è, spiegavano sotto voce ieri esponenti democratici, è che negli ultimi tempi molti hanno avuto l’impressione di alzare il coperchio su un partito che, se si guarda alle traversie del gruppo dirigente, assomiglia al Psi degli anni Ottanta, solo che i militanti sembrano quelli comunisti degli anni Settanta. Una tensione che creerà fastidi al vertice del partito.
Il paradosso, per la verità non nuovo, è che a cavalcare l’ondata giustizialista e a titillare gli umori post berlingueriani della base sono gli ex Dc. L’area cattolica, sempre più in sintonia con la sinistra giustizialista, ha parlato innanzitutto tramite Rosy Bindi. «Ho visto morire la Dc perché c’erano i corrotti, non voglio vedere il mio nuovo partito turbato da un ex socialista», è stato il commento della presidente democratica ed ex esponetene democristiana e popolare a proposito del caso Tedesco. Che ha anche precisato come le vicende di Tedesco, ma anche di Penati, riguardino i Ds. «Se c’è stato finanziamento illecito, è stato in un altro partito, non nel Pd».
Il senatore pugliese ex Pd non l’ha presa bene e ieri ha rilevato «l’ostracismo etnico-culturale verso la cultura socialista e i rappresentanti socialisti nel Pd» che cova nel partito dal quale si sta dimettendo.
Ma nessuno l’ha difeso, fatta eccezione per la senatrice Magda Negri che, molto indirettamente, ha ripreso le tesi anti anti- Psi e ha richiamato la Bindi al «rispetto del codice etico nel Pd» che «ci deve responsabilizzare tutti senza tragici giustizialismi».
Che si tratti di una partita più politica che di principio è dimostrato dal fatto che sulla stessa linea di Bindi c’è anche il moderato Enrico Letta. Non è un giustizialista, ma nei giorni scorsi è stato lui a sollevare il tema della diversità della sinistra che sta sfumando e a chiedere un ritorno alla questione morale. Sempre dell’area moderata e un po’ tecnocrate fa parte Sandro Gozi, ex prodiano, vicino a Ignazio Marino che ieri ha usato toni allarmati sullo stato del suo partito.
«Il caso Tedesco è un bubbone, sintomo di una patologia ventennale che affligge la politica nazionale e che va estirpato con un radicale rinnovamento della politica italiana e di chi la fa. Il Pd è un partito nuovo e non possiamo venire colpiti da vicende di altri tempi e altri partiti». Gozi assicura di non essere interessato alle diatribe tra Pci, Psi ed Ex Dc.
Ed effettivamente quando lui parla di bubbone o quando Letta chiede che si recuperi la questione morale, si riferiscono a omissioni della dirigenza del Pd.
Accuse che non possono che investire il segretario Bersani che nei giorni scorsi aveva timidamente provato a difendere Tedesco, ma che ieri è rimasto in silenzio. Accuse che pesano ancora di più, se si tiene conto che arrivano da aree ed esponenti Pd che, fino ad ora, non gli hanno mai fatto mancare il sostegno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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