Tante registrazioni, poco arrosto: tutte le incoerenze dell'indagine

Presunte pressioni per non far andare in onda al telegiornale un servizio. Che fu trasmesso. Non si era mai visto un ricatto a mezzo telegiornale, con l'editoriale al posto delle tangenti

Una volta tutte le strade portavano a Roma. Oggi tutte le inchieste puntano sul Cavaliere. Anche quella sulle carte di credito revolving, partita dalla periferica Trani. Finora la Procura pugliese era nota per il flop dell’indagine sull’allora governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio. Fazio non avrebbe vigilato sui bidoni finanziari spacciati dall’ex Banca 121. Finì in nulla, con una raffica di proscioglimenti e archiviazioni eccellenti. Oggi a Trani c’è un nuovo procuratore, Carlo Maria Capristo, che a Bari si era guadagnato una certa fama andando a interrogare per il rogo del Petruzzelli un malato terminale di Aids, Pierpaolo Stefanelli, ma l’attrazione per i piani alti del potere resta e anzi si consolida.
Anche questa inchiesta parte da una presunta truffa ma con una rapidissima metamorfosi si trasforma in tutt’altra cosa: un fascicolo sul premier che avrebbe cercato di mettere il bavaglio ad Annozero e a Michele Santoro. Il filo, davvero aggrovigliato, che porta dall’usura a Palazzo Chigi passerebbe per le conversazioni, intercettate, in cui qualcuno afferma di avere i contatti giusti per ridurre la portata dello scandalo all’Agcom, che è anche garante per i consumatori, e al Tg1.
È tutto molto singolare in questa indagine. Tanto per cominciare, il Tg1 di Augusto Minzolini manda in onda un servizio sulle carte di credito revolving e fa il suo dovere, informando i telespettatori. La notizia è talmente depotenziata che finisce nella vetrina del Tg1. Il 17 dicembre, questo è sicuro, Minzolini viene interrogato a Trani, ma è testimone. E così pure il commissario dell’Agcom Giancarlo Innocenzi, sentito lo stesso giorno. Del resto nella faraonica Trani non si fanno mancare nulla: sfilano pure il Presidente dell’Associazione nazionale per lo sviluppo della tv digitale terrestre, Andrea Ambrogetti, e l’ex direttore Rai, Fabrizio Del Noce. Più che un’indagine sembra un master universitario.
Ora, se sono vere le indiscrezioni, Minzolini e Innocenzi sarebbero indagati, nientemeno, per concussione. Che cosa è accaduto? Evidentemente, la Procura ha messo sotto controllo i telefoni di chi avrebbe potuto ridimensionare la portata della notizia: il direttore e il commissario. O comunque ha monitorato le loro conversazioni. E in questo modo i Pm avrebbero scoperto il disegno per mettere fuori gioco Santoro e Annozero. Si tratterebbe di una concussione, un ricatto bello e buono, pensato e governato dal Cavaliere. Gira e rigira l’inchiesta approda con un gioco di prestigio a Palazzo Chigi. Neanche Houdini ci sarebbe riuscito. Le carte di credito sono solo un trampolino.
Ora, fra silenzi e imbarazzi, sono molte i dettagli che non tornano e che dovranno essere spiegati. Certo, una concussione a mezzo Tg1, con l’editoriale al posto delle tangenti, non s’era ancora vista. Ma chi sarebbe la vittima? Non dovrebbe essere Santoro, forse è qualche funzionario dell’Agcom, non si sa. Per ora, non si capisce.
Con tutta la buona volontà, è difficile seguire un’indagine così tortuosa. Si intuisce solo che col solito sistema delle intercettazioni indirette, che è dentro i confini della legalità, si può ascoltare anche il Cavaliere. È già successo, in barba a tutte le norme, gli scudi e i lodi, succederà ancora. Per carità, questi nastri non potranno poi essere utilizzati contro il premier, sempre che siano di qualche interesse, senza l’autorizzazione del Parlamento. Ma questa è fantascienza.
Il punto è che la Procura disegna una sorta di estorsione che avrebbe la testa a Palazzo Chigi e le braccia al Tg1 e all’Agcom. Innocenzi si sarebbe dato da fare per dare robustezza agli esposti pilotati come missili contro Santoro. Forse, avrebbe fatto pressioni su alcuni dipendenti della sua struttura, costringendoli ad assecondare il suo progetto. Forse. Francamente, sembra un disegno ardito. Molto ardito. Più di un ponte tibetano. E par di capire che al più presto, dopo tanto clamore, Trani si sbarazzerà di questo filone che si svolge fra via Teulada e Palazzo Chigi: se Trani ha gettato le reti delle intercettazioni, il contenuto sarà esaminato a Roma.

La recente storia giudiziaria del Paese è colma di inchieste partite fra squilli di tromba ai quattro cantoni, trasferite infine come imposto dal codice e puntualmente affondate fra incertezze e farraginosità. Basta aspettare.

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