Il Tar «cancella» il fascicolo del fabbricato E il Comune ricorre

Stefania Scarpa

Clamoroso al Tar: bocciato il «fascicolo del fabbricato», lo strumento di ricognizione dello stato di salute degli edifici creato dal Comune di Roma in seguito alla tragedia di via di Vigna Jacobini, dove il 17 dicembre 1998 morirono 28 persone nel crollo di un edificio indebolito da alcuni lavori. Una sentenza immediatamente esecutiva e che cancella da subito ogni obbligo imposto dal Campidoglio e da qualsiasi altro comune, perché con valenza nazionale. Nella sentenza, pronunciata su ricorso della Confedilizia, il tribunale amministrativo del Lazio afferma che il contenuto del fascicolo non può essere il duplicato dei dati esistenti presso la pubblica amministrazione. Inoltre, secondo il Tar sono illegittimi gli oneri complessi e di peso eccessivo per tutti i tipi di edifici, senza una discriminazione tra loro. Infine, afferma ancora il Tar, la legge non ammette interventi ed opere generalizzate sugli edifici di qualunque genere, età e condizione; con la conseguenza che gli accertamenti devono esser suggeriti solo in caso di indifferibile necessità, con graduazione dei rimedi da realizzare.
Per il presidente della Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, «la decisione del Tar segue la decisione della Corte costituzionale, che aveva bocciato la legge regionale campana per l’istituzione del libretto casa, e numerosi pronunciamenti, anche del Consiglio di Stato, nello stesso senso. La valenza di questa sentenza - aggiunge - è quindi nazionale e dovrebbe finalmente convincere in via definitiva amministratori regionali e comunali a non procedere in nuovi inutili tentativi di istituzione dei libretti»
Il Comune di Roma ha subito annunciato un ricorso al Consiglio di Stato per chiedere la sospensiva della sentenza che, secondo l’assessore Giancarlo D’Alessandro, «si basa su alcuni assunti che non corrispondono all’intendimento del Comune di Roma». «Esiste un’ampia normativa - spiega D’Alessandro - al contrario di quanto riportato, che legittima la nostra iniziativa: la legge regionale n. 31 del 12 settembre 2002 e il suo regolamento di attuazione del 14 aprile 2005, la delibera del consiglio comunale n. 27 del 24 febbraio 2004 e l’ordinanza n. 3274 del 20 marzo 2003 del governo dove Roma viene classificata zona sismica con grado 3 e viene stabilito il termine massimo di cinque anni per effettuare il controllo sugli stabili».
Non solo. Secondo D’Alessandro, «la contrario di quanto motivato nella sentenza, non è il Campidoglio che chiede il “libretto della casa“ per avere la documentazione tecnica, ma è il Comune che fornisce tecnici incaricati di redigere il fascicolo (laddove lo richiedano), i progetti e gli atti necessari a completare la documentazione e a effettuare la relazione finale. Il tecnico incaricato poi consegnerà la documentazione ai proprietari (e non all’amministrazione) perché sono loro che li devono tenere e custodire».

Quindi la sentenza del Tar rischia di cancellare per D’Alessandro uno strumento «estremamente importante, tanto che ha raccolto l’adesione di tutte le associazioni della proprietà, degli amministratori dei condomini, degli ordini e collegi professionali, tranne di Confedilizia».

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