Politica

Tarantini, per ascoltare 100mila telefonate non sarebbero bastati 5 anni

Il paradosso dei magistrati "spioni": la Procura di Bari ha chiuso le indagini sulle escort in un biennio. Ma con quella mole di intercettazioni com’è possibile?

Tarantini, per ascoltare  
100mila telefonate non  
sarebbero bastati 5 anni

Centomila? Qualcuno ha una vaga idea di che cosa siano 100.000 intercettazioni? Anzi, «oltre 100.000 conversazioni telefoniche e ambientali», così riferiva una nota ufficiale della Procura di Bari, diramata giovedì mattina dall’Ansa, «effettuate fino all’estate del 2009 nell’ambito della vasta inchiesta che riguarda Gianpaolo Tarantini e che ha portato all’apertura di vari filoni d’indagine, tra i quali quello riguardante le escort».

Secondo l’onorevole Osvaldo Napoli, vicecapogruppo del Pdl alla Camera, l’immane attività audiofonica che punta a incastrare il premier Silvio Berlusconi sarebbe costata ai contribuenti circa 450 milioni di euro, quasi il doppio di quanto lo Stato incasserà dal prelievo fiscale del 3 per cento disposto con l’ultima manovra sui redditi superiori ai 300.000 euro. Non è tutto. Soffermiamoci a considerare anche i tempi richiesti per l’ascolto di oltre 100.000 conversazioni, tralasciando quelli per la loro trascrizione.
Vediamo. Quanto può durare mediamente una telefonata? Mi ha stupito che il giornalista Valter Lavitola, uno degli indagati, riuscisse a trattenere all’apparecchio il capo del governo, in tutt’altre faccende affaccendato, per 5 minuti e 19 secondi. Come lo so? M’è bastato cronometrare una di queste conversazioni, che da ieri è fraudolentemente offerta all’ascolto di chiunque sul sito della Repubblica.

Ora immagino che l’imprenditore Tarantini, ansioso d’impetrare favori a dritta e a manca, avesse bisogno di molto più tempo per convincere i suoi interlocutori. Inoltre i pubblici ministeri pugliesi hanno intercettato anche conversazioni ambientali ed è risaputo come in case e uffici si chiacchieri molto più liberamente e molto più a lungo. Infine si consideri il fatto che la gente del Sud non è di brevità tacitiana nell’esprimersi. Ecco, allora facciamo conto (per difetto) che le intercettazioni depositate agli atti abbiano una durata media di 5 minuti l’una, insomma che siano di 19 secondi più corte rispetto a quella del direttore dell’Avanti! resa di pubblico dominio, la quale con i convenevoli del centralinista e della segretaria di Berlusconi, Marinella Brambilla, in realtà dura quasi 6 minuti.

E del resto che cosa mai potrebbe emergere altrimenti d’interessante, per gli investigatori, da una sequela di monosillabi?
Bene. Dando per buoni i 5 minuti ciascuna, la durata complessiva delle intercettazioni ordinate dalla Procura di Bari si aggirerebbe sui 500.000 minuti, cioè 8.333 ore, cioè 347 giorni.
Quanto impiega un pubblico ministero ad ascoltare una simile mole di conversazioni? Se lavorasse 24 ore su 24, per l’intera settimana, senza mai staccare neppure per mangiare, dormire e andare in bagno, ci metterebbe appunto poco meno di un anno. Qualcuno obietterà: mica deve ascoltarle tutte, gli basta la lettura dei brogliacci. Quando così fosse, male, malissimo.

Se io conducessi un’inchiesta, vorrei vagliare in prima persona tutto quello che i poliziotti o i finanzieri hanno intercettato con le loro diavolerie elettroniche e con le cimici occultate nelle stanze, vorrei sentire l’intonazione, captare le esitazioni nella voce, decifrare le parole incomprensibili, distinguere le affermazioni equivoche. Qualcun altro ribatterà: all’esame delle intercettazioni saranno stati preposti più pubblici ministeri. Così non pare. Infatti nella nota ufficiale che la Procura ha affidato all’Ansa si precisa che, per quanto riguarda il filone escort, la sola pm Eugenia Pontassuglia, diligentemente, «ha provveduto, tra l’altro, ad ascoltare e selezionare, tra tutte le innumerevoli conversazioni intercettate, quelle ritenute rilevanti ai fini dell’accusa». Notare bene: «tra l’altro». Quindi significa che, nel contempo, è stata impegnata in diverse attività d’indagine.

E qui comincio a non raccapezzarmi più. Eh sì, perché da una relazione del Consiglio superiore della magistratura scopro che, per quanto riguarda il monte ore di lavoro annuo della categoria, «si può convenire su una media di 6 ore giornaliere per un totale di 260 giorni lavorativi l’anno», cosicché «il totale del monte ore lavorativo l’anno è pari a 1.560».
Ne consegue che, anche ammesso per assurdo che la Pm di Bari negli ultimi tempi si fosse dedicata esclusivamente all’ascolto delle ipotetiche 8.333 ore di registrazione, ciò avrebbe richiesto 5 anni e 88 giorni di lavoro. Piccolo problema: le prime intercettazioni sui rapporti intrattenuti da Gianpaolo Tarantini e Patrizia D’Addario col premier «sono cominciate a fine 2008» (fonte: Ansa). Perciò i 5 anni e 88 giorni di ascolto avrebbero dovuto concludersi nel 2013 o 2014. Come la mettiamo?

Non basta: «Fino a tutto il settembre 2009», si legge ancora nella nota che la Procura ha consegnato all’agenzia di stampa, «non risultavano trascritte, e alcune neanche ascoltate, le oltre 100.000 conversazioni telefoniche e ambientali effettuate fino all’estate di quell’anno». E qui salta tutta la tempistica, non ci si capisce più nulla.

Anche supponendo che la durata media delle intercettazioni sia più breve, 3 minuti per esempio, sarebbero occorsi circa 3 anni e 2 mesi per ascoltarle tutte, sempre calcolando 6 ore di lavoro quotidiano di un Pm inchiodato a fare quello e soltanto quello. I conti non tornano comunque.

Ignoro se l’avvocato Niccolò Ghedini, difensore del presidente del Consiglio, abbia diritto a farsi consegnare le bobine delle oltre 100.000 intercettazioni, se non altro per sincerarsi che quanto è stato attribuito al suo assistito nelle trascrizioni corrisponda effettivamente a quanto è stato detto. In tal caso, buon lavoro. Se rinunciasse oggi stesso a tutti i suoi impegni, anche parlamentari, per dedicarsi solo a questa incombenza, bene che vada potrebbe riemergere dalla full immersion sonora nel 2016, più probabilmente agli inizi del 2017. Resta in ascolto, come canta Laura Pausini.

L’importante è non restarci secchi.

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