Roma

Tartare, il pesce nudo e crudo

Gustosa, fresca, leggera: le calde giornate di settembre hanno il sapore crudo della tartare. Di pesce, però. «Rubando» l’ispirazione alla tradizionale ricetta di carne, sono sempre di più gli chef capitolini che, per celebrare l’estate - e la sua fine - ne propongono golose versioni di mare. Questione di moda ma soprattutto gusto, o meglio gusti, perché la tartare sembra piacere proprio a tutti.
Per conoscere i segreti del piatto e dei suoi «fascini», ci siamo rivolti allo chef Michele Lombardi, proprietario del Funghetto (via Litoranea 11412, Borgo Grappa-Latina; 0773208009): «In Italia, il crudo è presente in molte cucine regionali. Oggi si tende a pensare che sia una tendenza nata con l’arrivo sulle nostre tavole delle ricette giapponesi, ma non è così. I sapori nipponici hanno solo contribuito a far evolvere il genere, introducendo nuovi abbinamenti e condimenti».
Per preparare una buona tartare bisogna fare un’ottima spesa, a cominciare dalla scelta del pesce. «Il più in voga è il tonno. Vanno benissimo il pesce bianco e quello azzurro, dal più nobile e costoso a quello che lo è meno. Sì a pesce spada, ricciola, fragolino, spigola, orata e alici. Meno adatti scorfano, gallinella, rombo e sogliola, perfetti invece in guazzetto». Come si sceglie il pesce? «Deve essere freschissimo: deve avere colori lucenti e non opachi, oltre a un profumo di iodio molto leggero. È bene rivolgersi a venditori di fiducia. Gli occhi, infatti, possono ingannare. Purtroppo, spesso, chi vende ricorre ad alcuni trucchi, come la conservazione in ghiaccio, che possono far sembrare un pesce più fresco di quanto non sia. Il rischio è alto, per la possibile presenza di anisakis, batteri che, in particolare nel pesce azzurro, con il passare del tempo possono proliferare nei tessuti».
Dall’acquisto alla conservazione. «Se non lo si consuma subito, va eviscerato e posto in uno straccio inumidito nel ripiano basso del frigo. Se è grande va sfilettato, coperto con pellicola e messo in frigo. In ogni caso, per mangiarlo crudo, si può conservare al massimo dodici ore». Passiamo alla preparazione: prima di tutto, il taglio. «I filetti vanno tagliati con il coltello in cubetti, in modo da rendere facile la masticazione, ma senza dare quella sensazione di cibo squagliato che rende sgradevole pure la presentazione». Poi si pensa al condimento. «Molti usano il limone, che, però, essendo acido altera il sapore. Bisogna fare riferimento alle caratteristiche del pesce scelto. Più il suo sapore è deciso, più si possono osare accostamenti audaci. Se è delicato, è bene non usare troppi ingredienti. La ricetta classica è con cipolla fresca, anche rossa, sedano, pomodoro a cubetti, basilico, un pizzico di peperoncino fresco, sale e pepe. Si mette in frigo qualche minuto e si serve con insalata».
Non mancano idee originali. «La tartare con mele e mandorle, servita con melone e ananas, unisce sapori del mediterraneo e suggestioni orientali. Quella di pesce azzurro, come il sughero, è ottima con erba cipollina, sale, olio, pepe e uno zoccoletto di ricotta di bufala. Di triglia è con julienne di sedano o finocchio, messi in acqua e ghiaccio per renderli croccanti, con cubetti di polpa d'arancia e olive nere snocciolate». Comunemente si ritiene la tartare un piatto «di lusso», non alla portata di tutte le tasche, ma la varietà di pesci si riflette sul costo. «Se si scelgono quelli nobili, il costo è alto, ma si può scendere facilmente, senza rinunciare al gusto. La leccia, ad esempio, sorella minore della ricciola, ha un sapore simile ma costa meno. A persona vanno calcolati circa ottanta grammi di pesce. In media la ricetta per quattro dovrebbe oscillare tra cinque e dodici euro». Non rimane che scegliere il vino. «Bianco con una discreta aromaticità, dai classici dell’Alto Adige ai Riesling della Mosella».

Per mettere a nudo, anzi «a crudo», il vero sapore del mare.

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