Roma

Tartine e punture: impazza il «Botox party»

Serate a base di botulino gratis: con tanti rischi

Claudia Passa

Immaginate una casa in centro, una signora di mezza età, una serata con ospiti giovani e meno giovani accomunati dall’avversione per i segni del tempo, un chirurgo plastico e soprattutto Botox a volontà. Non si tratta di un cibo esotico, e neppure dell’ultima novità discografica: il Botox è una tossina botulinica purificata, da tempo utilizzata con successo in campo terapeutico, che applicata alla chirurgia estetica spopola negli Stati Uniti e ora sta mietendo proseliti nella capitale. Iniettata nei punti «strategici» del viso, essa attenua per un po’ l’attività contrattile dei muscoli mimici, riducendo l’insorgenza delle rughe. Fin qui nulla di strano, se non fosse che assieme al ritrovato scientifico qualcuno ha pensato bene di importare dagli States anche la moda dei «dopocena al botulino», meglio noti come «Botox party».
L’usanza s’è subito adattata ai costumi italici: arredamenti d’altri tempi al posto dei templi del kitsch tutti neon ed effetti speciali, gli esclusivi salotti della Roma bene al posto dei lussureggianti ritrovi a stelle e strisce, professionisti e imprenditori al posto delle star di Hollywood. Ad accomunare gli avventori delle feste al botulino da una parte e dall’altra dell’Atlantico è la possibilità di sperimentare il Botox direttamente a domicilio, quasi sempre gratis, dopo un gustoso buffet e champagne delle migliori annate.
Il professor Giulio Basoccu, noto chirurgo estetico della capitale, è capitato per caso in una serata-tipo al botulino, invitato da un amico. Ore 22.30, nel cuore di Roma, terrazza con vista, circa trenta fra uomini e donne ospiti di una signora di mezza età. Suadente luce soffusa, sofisticati aperitivi, accattivante sottofondo musicale. Un giovane uomo si accomoda per primo con un cocktail in mano e via a due iniezioni sulla fronte. Tutto è pronto per un altro giro, e avanti il prossimo. Finito il trattamento-prova, smaltito l’effetto dei tamponi anestetici, capita poi che il chirurgo declini le proprie generalità per essere rintracciato. L’effetto di una inoculazione di Botox, infatti, dura dai quattro ai sei mesi e, se tutto è andato per il verso giusto, ci sono buone probabilità d’aver accalappiato un nuovo cliente. Non solo: il costoso flacone-tipo di tossina botulinica, sufficiente per diverse applicazioni, deve essere gettato pochi giorni dopo la prima apertura. Non serve dunque essere dei ragionieri per intuire che una «pratica di gruppo» consente di ottimizzarne l’utilizzo.
«Potremmo paragonare questi festini di bellezza ad una sorta di operazione di marketing – dice il professor Basoccu - condotta da medici senza scrupoli che attraggono così pazienti nei loro ambulatori, dove naturalmente pagheranno tutti i trattamenti successivi».
Lo specialista lancia dunque l’allarme. Già, perché se da una parte il botulino viene considerato miracoloso per il contorno occhi, nel caso in cui il trattamento non dovesse essere eseguito con tutte le precauzioni igienico-sanitarie sono molti e pesanti i possibili «effetti collaterali» dovuti ad un impiego inappropriato. Uno dei rischi più gravi è ad esempio l’insorgenza di una paralisi facciale. Al punto che la stessa Allergan – casa farmaceutica che commercializza il Botox - dopo aver ricordato l’importanza della tossina botulinica di tipo A in campo terapeutico, ha preso pubblicamente le distanze dalla pratica dei Botox party e da ogni tipo di uso improprio della sostanza, invitando i pazienti ad usufruirne solo da parte di specialisti qualificati e negli appositi contesti autorizzati dalla legge.
«In mancanza di mezzi adeguati – spiega ancora Basoccu – è facile subire errori e prendere infezioni. Nei Botox party sia il paziente, sia chi opera l’inoculamento si trova in posizioni non corrette e questo può indurre facilmente in errore. Senza parlare del pericolo dovuto alle precarie condizioni igieniche».

Una casa privata, infatti, «non potrà mai avere le caratteristiche di un ambulatorio – conclude il chirurgo - ed è difficile pensare che in quei contesti vi siano i mezzi per rendere l’ambiente antisettico come dovrebbe essere quando si maneggiano aghi e sostanze così delicate, che vanno dosate alla perfezione».

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