Tasse tre volte al giorno: il Fisco batte sempre cassa

Secondo uno studio di Confesercenti ogni azienda italiana perde 285 ore di lavoro per pagare le imposte. Solo gli adempimenti burocratici costano 2,7 miliardi l’anno

Tasse tre volte al giorno: 
il Fisco batte sempre cassa

Il Fisco ospite fisso, a colazione, pranzo e cena. Un paradosso per descrivere la situazione degli italiani «tartassati» da 694 scadenze fiscali all’anno, praticamente tre per ogni giorno lavorativo. Le ha contate la Confesercenti, compilando in uno studio un elenco di tutti gli adempimenti fiscali che attendono al varco i contribuenti: un’agenda fitta di appuntamenti mensili, con una data cerchiata di rosso, il 16 luglio, in cui si contano ben 45 adempimenti.

La giungla degli adempimenti è intricata e ramificata, ma anche solo volendo seguire i rami principali ci si scontra con un elenco lungo sedici pagine. Un titolare di partita Iva, oltre all’annuale dichiarazione dei redditi, Irap e Iva deve infatti fare i conti con il visto di conformità, se ha un credito Iva da 15mila euro in su; la comunicazione mensile o trimestrale delle operazioni di compravendita intracomunitare: se fa operazioni con l’estero, le dichiarazioni mensili d’intento ricevute dagli esportatori abituali e le comunicazioni di operazioni con i Paesi appartenenti alla black list. Da quest’anno, poi, c’è anche la novità dello «spesometro», che richiede la comunicazione delle operazioni sopra i tremila euro. Più, naturalmente i modelli F24, necessari per pagare qualsiasi tipo di imposta: il tutto telematicamente, per un totale di venti o trenta file all’anno.

Tutto questo, naturalmente, non è gratis: oltre al costo delle tasse in sè, che fanno dell’Italia uno dei Paesi dove la pressione fiscale è più elevata (43,5% nel 2009, terzo posto fra i 33 Paesi dell’area Ocse, preceduta solo da Danimarca e Svezia), ci sono le ore di lavoro impiegate per pagarle. Ben 285 per ogni azienda italiana, il doppio di Francia e Olanda, il 50% in più di Spagna e Germania: 60 ore in più della media europea, secondo una recente graduatoria della Banca Mondiale. Un peso che grava soprattutto sullo «zoccolo duro» del made in Italy: le piccole e medie imprese, a cui la burocrazia fiscale costa 2,7 miliardi l’anno.

Oltretutto, molti di questi appuntamenti sono frutto di una ripetitività non sempre giustificata: con la semplificazione, fa notare Confesercenti «da un lato, si libererebbero ingenti risorse da destinare alle attività produttive: per le sole pmi si tratterebbe di almeno 650 milioni l’anno. Dall’altro ne guadagnerebbe l’efficienza della pubblica amministrazione, con una riduzione dei costi di gestione del sistema tributario».

Anche perché «il fisco - fa rilevare il presidente dei commercialisti, Claudio Siciliotti - ha comprensibilmente deciso di accelerare sulla riscossione, senza però affrontare contestualmente il tema dei tempi troppo lunghi e incerti della giustizia tributaria: un mix esplosivo per i contribuenti che rischia di farci fare un passo avanti nella riscossione a breve e tre passi indietro nell rapporto del cittadino con il fisco».

Un tema che i commercialisti conoscono bene: «Per questo non possiamo più accettare di essere semplicemente travolti da adempimenti e responsabilità: è arrivato il momento che ci si coinvolga maggiormente», anche e soprattutto in vista di una riforma fiscale che abbia come obiettivo la semplificazione.

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