«È difficile parlarne. Il personaggio è complesso e con lui ho avuto poche relazioni». Diciamo che le cose non stanno proprio così. Perché quando Tullio Mazzolino, ex assessore ai Trasporti a Tursi ed esponente di spicco della Democrazia cristiana fino agli anni 90, inizia a parlare di Paolo Emilio Taviani, la conversazione si trasforma in un testamento politico-culturale lasciato in eredità da Taviani stesso. L'uomo politico, medaglia d'oro della Resistenza, antifascista tra le figure maggiori dello scudocrociato del dopoguerra, diventa così protagonista sulle pagine de il Giornale di un dettagliato racconto.
«Non appartenevo alla sua corrente - precisa subito l'ex assessore - Avendo un ruolo politico nazionale Taviani partecipava poco alla vita del partito, i rapporti si tenevano infatti con i suoi collaboratori che svolgevano un ruolo particolare e diversificato». Mazzolino - colpito dalla lucidità del pensiero e soprattutto dalla capacità oratoria di Taviani che «parlava come un attore con voce stentorea e accattivante» - puntualizza ancora: «Era Paccagnini il suo segretario politico che teneva le fila degli appartenenti alla corrente. Ho avuto invece ottimi rapporti con alcuni uomini di alto livello del suo gruppo, il deus ex machina a Genova e in Liguria. Parliamo di Giovanni Bonelli vero gestore del gruppo; Gian Battista e Gian Carlo Dagnino; gli imperiesi fratelli Scajola, Alessandro deputato, Maurizio dirigente della Camera di Commercio e Claudio allora ottimo sindaco di Imperia. Con loro ci fu collaborazione, scambio di idee, programmi e solidarietà trasversale in occasione di difficoltà nei vari congressi locali della Dc». Parlare di Taviani per l'ex assessore non è poi cosa tanto complessa, visto che la sua memoria storica permette di estrarre ancora date, riferimenti, aneddoti e curiosità.
«Genovese classe 1912 - riparte Mazzolino -. Plurilaureato in giurisprudenza, economia, storia e scienze politiche, fu indiscutibilmente un uomo di grande cultura. Presidente della Federazione universitari cattolici italiani dal 31 al 34, venne mandato al confine nel 43 a causa del suo antifascismo. Organizzò a Genova la costituenda Democrazia Cristiana, partecipò attivamente alla resistenza con il nome di Pittaluga, e come membro del Comitato liberazione nazionale operò in stretto collegamento con il comandante cattolico Aldo Gastaldi, il famoso Bisagno». Non va dimenticato che Taviani, austero e colto professore, è stato uno dei più importanti comandanti militari della Resistenza in terra ligure, ebbe un ruolo pari a quello dei più autorevoli partigiani comunisti, socialisti e azionisti, ma ciò che lo differenziava dai Longo, Valiani e Pertini era il colore politico: «il partigiano bianco» un democristiano insomma.
Riorganizzando le idee a Mazzolino non sfugge il percorso politico di Taviani: «Vice e segretario nazionale dal 46 al 48 della Dc; partecipò a numerosi governi della Repubblica come ministro. A Genova deteneva il potere del partito con una ferrea maggioranza assoluta, che oscillava intorno al 60 per cento degli iscritti. L'opposizione di destra era rappresenta da Roberto Lucifredi. Nel congresso genovese del 72, Taviani mantenne la maggioranza del 51 per cento grazie ai voti della provincia. Successivamente il suo gruppo ebbe solo la maggioranza relativa. Fu grazie alla capacità di Giovanni Bonelli, che sapeva tessere alleanze con le altre componenti del partito, che continuò a governare la Dc». Mazzolino ribadisce: «La sua forza sono stati i comuni della provincia di Genova, in alcuni piccoli centri il numero degli iscritti al partito si avvicinava al risultato elettorale». Nel frattempo sottolinea: «Io non condividevo la politica di Taviani in termini di gestione del partito. Era una presenza in sede locale prettamente dorotea, rivolta alla gestione dell'esistente, lasciando poco spazio alle riforme e alla presenza ideologica». Precisione fatta, l'ex assessore torna indietro al periodo universitario: «frequentando la Fuci, firmammo l'albo degli aderenti all'associazione, la prima firma fu di Taviani.
Baget Bozzo, prima dell'ordinazione sacerdotale, svolgeva attività politica, fu consigliere comunale nel 51 per la Dc che lasciò nel 1965. In un comizio al teatro Genovese attaccò i dorotei in particolare Taviani, Colombo e Rumor costituendo l'associazione «Ordine Civile», che ebbe però vita brevissima. Gli incontri con Taviani, pur ridotti nel numero hanno una precisa collocazione nella mente di Mazzolino: «Campagna elettorale del 90. Ero candidato alle elezioni provinciali per il collegio di Sori. A un incontro elettorale partecipò anche il senatore, il quale mi chiese notizie sull'andamento della campagna. Feci presente le difficoltà, il momento difficile della Dc e la scarsa presenza del partito nei due comuni ubicati nell'entroterra. Taviani prese atto della situazione - continua - e mi consigliò di contattare personalmente uno a uno gli elettori: «Vada porta per porta a consegnare il suo messaggio politico». Un consiglio valido, ma data la brevità della campagna non riuscii a contattare tutti gli elettori. Dopo le amministrative del 90', i socialisti si stavano staccando dalla Dc per intraprendere l'alleanza con il Pci. Ricordo che andammo all'aeroporto di Genova a ricevere il senatore, facendogli presente la difficoltà a costituire una giunta di centro sinistra in Comune. Taviani rispose che se i socialisti non stavano in Comune li avremmo mandati all'opposizione in Regione. La proposta era valida ma teorica, non considerava la realtà dei numeri, in Regione andò all'opposizione la Dc con una giunta di Sinistra».
«L'ultimo incontro con Taviani lo ebbi in occasione delle elezioni regionali con Gian Carlo Mori candidato di centro-sinistra. Taviani lo elogiò definendolo il candidato giusto. Fu una sonora sconfitta invece. Biasotti venne eletto presidente per il centro-destra». Una nota di colore si aggiunge alla vita del parlamentare e senatore a vita nel 92: sembra infatti che Taviani pur apprezzando la nomina, sentisse la mancanza dell'elezione diretta in Parlamento e il confronto con gli elettori.
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