ParigiCon Johnny Hallyday il teatro Edouard VII di Parigi registra ogni sera il tutto esaurito. Anche se lidolo della giovinezza di coloro che oggi contano più di sessanta primavere stavolta, tanto per cambiare, non canta. Dalla banlieue affluiscono infatti pullman stracolmi di signore cariche di gioielli come allOpéra teneramente accoppiate a figli e nipoti costretti con la dolcezza a fare il tifo per colui che Jean Cocteau battezzò al suo esordio col titolo di «più bellanimale del mondo». Ma cosa fa monsieur Hallyday? Recita in un copione di Tennessee Williams finora inedito in Francia. Titolo Le paradis sur terre in cui interpreta il ruolo di un meticcio perseguitato dal fantasma del suicidio che aspetta, sulle rive del Misssissippi, larrivo della strana famiglia lasciata senza rimpianti fin dalla pubertà. Tutti attendono col fiato sospeso come se la caverà Hallyday alle prese con la sua celebre voce dai toni bassi finora udita solo tra strepiti di chitarre elettriche. Per sua fortuna, il pubblico non è deluso dalla sua ennesima trasformazione. Infatti di fronte a un fratellastro in panama bianco (Julien Cottereau) che fa il verso a Robert Mitchum senza riuscirci e alla patetica call girl da questultimo sposata in un attimo di debolezza (la splendida Audrey Dana) che con le sue movenze feline ricorda in modo impressionante Sylvie Vartan, la prima madame Hallyday, il neo attore se la cava con spirito. Rifiutato con ferocia lausilio dellauricolare e luso del microfono si è infatti calato in un personaggio antipatico. Ma questa non è lunica sorpresa della serata poiché al momento della verità, che scoppia quando Hallyday sedotta la cognata Myrtle e messo alle strette il burbero fratello, sembra prossimo al suicidio. La marea montante del Mississippi minaccia di travolgere il trio. E nel clima di pericolo imminente, ecco di nuovo far capolino quando nessuno se lo aspettava un assolo assolutamente originale.
Dimprovviso dal 2011 andiamo infatti a ritroso fino al lontano 1985 ed ecco lincredibile star, smessa la cruda maschera di questo Zorro che sulle orme di James Dean contesta tutto e tutti, mettersi a zufolare in un ipnotico crescendo un suo antico hit. Ovvero la famosa canzone scritta per lui dal compianto Michel Berger che, guarda caso, si chiamava Quelque chose de Tennessee. Che ci esalta oggi come allora. Vi ricordate quei versi che commossero i nostri cugini doltralpe che oggi, a tanti anni di distanza, giocando da maestro con loperazione nostalgia, Hallyday ha fatto suoi? Suonano pressappoco così: «Cè in noi qualcosa di Tennessee, quella volontà di proteggere la notte, quel folle desiderio di vivere unaltra vita, quel sogno erede delle sue parole che abita in noi, ragazzi dal cuore in tumulto che ora vivono nel disfacimento del corpo...».
A teatro Johnny Hallyday fa il ribelle (per la gioia delle fan)
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