Tecnico informatico ucciso: la sorella finisce in manette

Avrebbe preso a sprangate il fratello dopo una lite per motivi economici, ma non ha confessato

Tecnico informatico ucciso: la sorella finisce in manette

Esperto informatico ucciso in ufficio a sprangate, fermata la sorella. Giallo sulla morte violenta di Max Skinder, 36 anni, titolare della Mavian Labs, avvenuta domenica in una tranquilla palazzina del quartiere Laurentino. Secondo gli inquirenti l’uomo, di nazionalità croata ma da tempo in Italia, sarebbe stato ucciso dalla sorella Desiré, 27 anni, al termine dell’ennesima lite per denaro. Ma la giovane, interrogata per tutta la mattina di ieri, smentisce di aver assassinato il fratello nonché suo datore di lavoro.
«Abbiamo litigato, ma non ricordo cosa sia successo», spiega agli uomini della squadra mobile. Un interrogatorio zeppo di contraddizioni e vuoti di memoria il suo, tanto da non convincere il procuratore aggiunto Italo Ormanni e il sostituto Letizia Golfieri, che dal sospetto passano all’accusa di omicidio volontario e tentato omicidio. Gli investigatori, dal canto loro, non hanno potuto sapere molto dal racconto dell’unico testimone, Stefano Gavazzi, 26 anni, dipendente della vittima e figlio di un altro collaboratore della ditta d’informatica di via della Fonte Meravigliosa 88, dove è avvenuto l’omicidio. L’uomo, aggredito alle spalle, è stato anch’egli colpito alla testa probabilmente dalla stessa mano e con la stessa arma misteriosamente scomparsa.
Una storia degna della sceneggiatura di un thriller. Accade tutto al primo piano di un edificio tra l’Eur e la Cecchignola tra le 15 e le 22 di domenica. Alle 22,30 Stefano è a terra, stordito dai colpi ricevuti, ma riesce lo stesso a comporre il numero del 113 dal suo cellulare. All’operatore della questura ha il tempo di chiedere aiuto e dettare l’indirizzo. Poi crolla di nuovo sul pavimento in una pozza di sangue. Quando arrivano gli agenti non apre nessuno, ci vogliono i vigili del fuoco per sfondare la porta. La scena che si presenta ai loro occhi è agghiacciante: un uomo bocconi all’ingresso con il cranio fracassato, un altro agonizzante pochi metri più in là. Secondo il padre di Stefano, Max era in ufficio nonostante fosse festa a causa di un problema sul server della propria società che si occupa di software aziendali «su misura» e di telecomunicazioni. Una sede condivisa con quella di un’altra srl, la Pc subito.com, che vende materiale hardware via internet. Sul posto arriva anche l’assassino che, afferrato un pesante oggetto come un martello o una spranga di ferro, colpisce Max più volte. Una furia a giudicare dalle lesioni, almeno 5, sul corpo del poveretto. Questo accade non oltre le ore 15 stando al medico legale. Entra Stefano. Il ragazzo vede il cadavere immerso nel sangue, si china su di lui ma ancora non sa che l’assassino è nascosto in un’altra stanza. Stefano ha appena il tempo per sentire i suoi passi poi perde i sensi, colpito alla nuca. Il killer si allontana portando via l’arma.

Il 26enne era tornato in un secondo momento per aiutare il proprietario a riavviare il sistema che, nonostante un primo intervento della mattina, continuava a non funzionare. Fra i tasselli mancanti, e che solo Desirè potrà chiarire, il movente esatto del fratricidio.

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