Rifiuti il tracciamento? Android ti spia lo stesso

Privacy a rischio sugli smartphone Android secondo uno studio del Trinity College: anche rifiutare il tracciamento potrebbe non impedire di essere spiati

Rifiuti il tracciamento? Android ti spia lo stesso

Smartphone Android? Rifiutare il tracciamento e disinstallare tutte le app a rischio potrebbe non bastare per difendere la propria privacy. La preoccupante rivelazione arriva dai ricercatori del Trinity College di Dublino, secondo i quali diversi sviluppatori entrerebbero comunque in possesso di alcuni dati sensibili dell'utente.

In base a quanto pubblicato all'interno dello studio del Trinity College, dietro tale flusso di dati vi sarebbero diverse varianti del sistema operativo Android. Incluse nientemeno che quelle edite da Samsung, Xiaomi e Huawei. La diffusione dei tali contenuti alle aziende produttrici e a un certo numero di "selezionati ospiti" avverrebbe nonostante tutte le possibili precauzioni del caso. Soprattutto anche dietro un'esplicito rifiuto del consenso.

Una politica decisamente differente rispetto a quanto messo in campo da Apple che, negli ultimi anni, ha lanciato una vera e propria campagna a difesa della privacy dei propri servizi. Non senza polemiche, però, come la recente proposta di un sistema automatizzato per la rilevazione di immagini potenzialmente dannose per i minori. Vediamo però quali sono nel dettaglio i problemi riscontrati sui dispositivi Android dal Trinity College di Dublino.

Smartphone Android a rischio privacy? Polemica sulle app di sistema

Nel mirino dei ricercatori irlandesi sono finite soprattutto le cosiddette app di sistema. Non soltanto quelle applicazioni preinstallate che l'utente non ha richiesto, e spesso non utilizzerà, ma anche quelle più comuni per l'uso della fotocamera o la ricezione dei messaggi. App che però ci sono e, a quanto pare, reciterebbero un ruolo a prescindere dalle intenzioni del possessore dello smartphone.

Basta non aprirle mai per tenere la propria privacy al sicuro? Purtroppo no, spiegano gli studiosi irlandesi. Anche se nessuna delle app "irrinunciabili" venisse mai aperta, continuerebbero comunque a comunicare incessantemente i dati alla casa madre.

Vediamo alcuni esempi portati dall'ateneo di Dublino. Alcuni dispositivi comprendono la pre-installazione dell'app di LinkedIn, piattaforma molto utilizzata per il social networking lavorativo, che sembra invii dati relativi allo smartphone (anche se non è mai stata aperta) direttamente a Microsoft. Rapporto stretto con Microsoft anche per Huawei, anche se qui al centro delle polemiche troviamo SwiftKey.

Finito qui? No, perché i dati verrebbero condivisi anche con alcune terze parti. Ivi inclusa Google. Non farebbero eccezione anche app Samsung come Pass o Game Launcher, per non parlare dell'assistente vocale Bixby.

La risposta di Google

Interpellata da BleepingComputer, Google ha risposto alla polemica sostanzialmente affermando che "è così che vanno le cose con gli smartphone oggi": "Come spiegato nel nostro articolo del Centro assistenza di Google Play Services, questi dati sono essenziali per i servizi principali dei dispositivi come le notifiche push e gli aggiornamenti software in un ecosistema diversificato di dispositivi e build software. Ad esempio, i servizi di Google Play utilizzano i dati sui dispositivi Android certificati per supportare le funzionalità principali del dispositivo.

La raccolta di informazioni di base limitate, come l'IMEI di un dispositivo, è necessaria per fornire aggiornamenti critici in modo affidabile su dispositivi e app Android".

Basterà a rassicurare gli utenti Android sul trattamento dei propri dati personali?

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