Il primato preso a martellate. Nemmeno il tempo di assaporarne il sapore dolcissimo, dopo una vita di tormenti e di clamorosi ritardi, ed ecco il fiele. Hanno cominciato, nella notte, quelli di Sky mettendo subito di malumore Adriano Galliani. «Qualche opinionista sè messo a fare la moviola» la chiosa di fonte milanista. Qualche ora dopo, i fulmini e le saette scagliate da Zamparini, contro arbitri, i loro dirigenti e le trattative in Lega sui diritti tv, sono passati quasi inosservati. Tutto il Milan, infatti, era già concentrato e col cuore in subbuglio, per le notizie drammatiche provenienti dai controlli clinici effettuati al ginocchio sinistro di Pippo Inzaghi. «È una giornata durissima» hanno commentato a Milanello nellattesa che il consulto col dottor Piero Volpi offrisse il verdetto definitivo. Rottura del legamento, operazione imminente, stagione conclusa.
Il grave infortunio toccato a Inzaghi ha difatto mandato di traverso il primato del Milan: Galliani ha avuto un tuffo al cuore, Allegri è rimasto di sale, molti suoi sodali lo hanno tempestato di messaggi colmi di affetto e di incoraggiamento. Stagione conclusa, per lui, e Milan senza più il paracadute dei suoi gol, della sua elettricità. Il suo primo intervento ufficiale di Inzaghi è stato un commosso ringraziamento alla platea rossonera e non solo. «Il calcio è fatto così: un minuto prima giochi e lotti, un minuto dopo ti tieni il ginocchio fra le mani. Attorno a me io ho tutti voi, la società, il mister, i miei compagni di squadra, i miei tifosi. Farò di tutto perché non sia finita, anche grazie alla vostra energia»: il messaggio della speranza di Pippo è diventato un inno alla vita e allottimismo.
Il primato in classifica, guadagnato dal Milan nella notte della smorfia di dolore di Inzaghi, è rimasto perciò sotto traccia. Da queste parti, in passato, non è mai stato un evento, capace di provocare vertigini: è capitato un paio di anni prima, al culmine dell1 a 0 sul Napoli e in modo stabile tra il 2003 e il 2004, ultimo torneo nel quale i berlusconiani conquistarono il tricolore. È passata una vita. Eppure è stato sufficiente per suggerire a Paolo Maldini, fino a ieri capitano storico di un altro Milan, un pronostico impegnativo: «Questo Milan è in grado di dar vita a un altro ciclo di vittorie» la sua convinzione. Che deve arrivargli non da superficiale giudizio ma dalla conoscenza diretta di metodi di allenamento in voga questanno a Milanello e di come il gruppo ha preso a remare, al fianco del tecnico, considerato protagonista di scelte coraggiose, «senza guardare in faccia a nessuno», anzi dando pochissima confidenza a tutti, senatori o giovanotti alle prime armi che siano. Allegri lha confessato mercoledì notte parlando del caso Ronaldinho: «Non sono il tipo da fornire, a ogni occasione, una spiegazione ai calciatori che vanno in panchina per scelta tecnica. Quando giocavo preferivo così: la prima volta spiego, la seconda volta cosa racconto?» il suo concetto, sincero e comprensibile.
I motivi di soddisfazione dopo il 3 a 1 sul Palermo, sono più di uno. «A Bari abbiamo vinto senza Thiago, qui senza Nesta: anche questo tabù è stato sfatato» il primo, legittimo per un allenatore. Gli altri sono contenuti nei numeri che hanno scandito la marcia verso il tetto della classifica: per esempio i 4 punti in più rispetto al precedente torneo, per esempio i 18 punti collezionati nelle ultime sette partite, a dimostrazione di una nuova tendenza, la continuità nei risultati, difetto antico che si può spiegare con lunico scudetto conquistato nel terzo millennio. Poi questanno ci sono i gol di Ibra (che ieri a Milanello ha ricevuto una cintura nera honoris causa da una delegazione della nazionale azzurra di taekwondo guidata da Mauro Sarmiento, argento a Pechino). E persino Seedorf si è piegato alla nuova logica ed è diventato un puntello prezioso, come gli era riuscito solo in precedenti epoche.
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