Telecom senza pace, un altro crollo in Borsa

da Milano

Telecom Italia finisce di nuovo al tappeto. Ieri in Borsa è proseguita la via crucis del titolo che colpito da una nuova ondata di vendite è stato sospeso per eccesso di ribasso. Il gruppo ha sfiorato un calo del 13% scivolando a 1,14 euro il minimo degli ultimi dieci anni.
Ad attenuare il tracollo sono state le dichiarazioni di Gabriele Galateri di Genola: «Non sussiste nessuna ipotesi di aumento di capitale» per Telecom Italia. Il presidente del gruppo ha smentito le voci circolate nelle sale operative circa la necessità di una iniezione di capitali freschi per il gruppo. E Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo ha ribadito la «piena fiducia nel management». Il titolo ha così reagito dimezzando le perdite per chiudere la seduta con un calo del 5,3% a 1,24 euro. «Sono stati diversi i motivi che hanno contribuito all’ennesimo crollo delle quotazioni», spiega un gestore. «Oltre ai rumor di un aumento di capitale a peggiorare la situazione sono state le prospettive annunciate da Deutsche Telekom sul 2008». Nella mattinata il colosso tedesco delle tlc ha detto di aspettarsi un anno debole soprattutto nella divisione Internet e linea fissa, con un calo dei ricavi che dovrebbe attestarsi tra il 4-6% rispetto al 2007 e degli utili del 5-8% a causa dell’aumento di costi nei servizi alla clientela. Anche Deutsche Telecom ieri è stata travolta dalle vendite (meno 13% il minimo) per poi chiudere in calo del 6,9% e non hanno brillato neppure le altre colleghe europee: il settore tlc ha perso il 3,2%.
Nonostante il calo generalizzato, la performance di Telecom Italia si conferma tra le peggiori in Europa. Telefonica, ad esempio, ha contenuto le perdite (meno 1,3%). «Il tallone di Achille del gruppo è il suo enorme debito 35,7 miliardi pari a tre volte il margine lordo, un rapporto fra i più alti in Europa» spiega un analista aggiungendo però che «su Telecom Italia c’è dell’altro. Il pesante calo delle quotazioni non lascia indenne nessuno, né i piccoli né i grandi azionisti». Un assaggio lo si è già avuto. L’eccessivo calo del titolo nei giorni scorsi ha costretto sia Hopa, la finanziaria di Emilio Gnutti, sia la Tassara di Romain Zalesky a cedere i propri pacchetti di Telecom (rispettivamente il 2 e il 3,6% del capitale) dandoli in pegno alle banche per reintegrare le garanzie sui prestiti ricevuti. Gli istituti per non registrare perdite hanno subito rivenduto le azioni Telecom sul mercato. Alla richiesta di un reintegro delle garanzia alle banche non sono immuni nemmeno i soci di Telco, la holding che controlla Telecom con il 23%, dopo aver rilevato lo scorso anno Olimpia (18% di Telecom) dalla Pirelli di Marco Tronchetti Provera. Secondo le clausole ereditate da Olimpia i soci di Telco, (Telefonica 42,3%, Generali 20,1%, Intesa Sanpaolo e Mediobanca entrambe al 10,6% e Sintonia 8,4%) dovranno dare in pegno il 18% di Telecom se la media dei prezzi, calcolata su 25 giorni, resterà inferiore a 1,3 euro (soglia violata ieri).
Secondo una fonte i modi per reintegrare le garanzie sono però diversi: «una soluzione sarebbe rivedere l’intera struttura dell’operazione Telco, iniettando risorse nel gruppo».

Il risultato sarebbe risolvere il peso del debito di Telecom Italia che ha costretto l’ad Franco Bernabé a presentare un piano industriale fortemente difensivo, «ma - aggiunge la fonte - questa opzione e quella di dare maggiore peso a Telefonica sono le ultime carte che vogliono giocare i soci italiani di Telco».

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