La Telefónica di Mediobanca va, quella di Pirelli no
30 Aprile 2007 - 03:04Il piano di riassetto bocciato a febbraio non era diverso, ma il governo si mise in mezzo. Il problema? Tronchetti
A ben guardare la soluzione trovata per Telecom non è così nuova. Lidea dellingresso di un partner industriale tra i grandi soci era presente a Marco Tronchetti Provera, principale azionista del gruppo tramite Pirelli, già dai contatti dellestate scorsa con Rupert Murdoch, non graditi al governo. Più tardi, verso il 10 febbraio, unaltra trattativa arrivò assai avanti.
E il nome del partner era lo stesso di adesso: Telefónica, con la quale Pirelli aveva persino concordato la stesura di un memorandum of understanding. Allora non se ne fece nulla, oggi si è invece chiusa la partita. E non che il presidente Cesar Alierta abbia ruoli diversi: nel piano di febbraio avrebbe rilevato il 49% della holding che controlla il 18% del gruppo, mentre oggi laccordo è per il 42,3% di una scatola che avrà il 23,6%.
In «trasparenza», cioè in azioni Telecom, la differenza è di appena l1,1 (9,9% contro 8,8). Né è cambiato il secondo socio-imprenditore stabile: Benetton era, e Benetton rimane, ancorché con qualche azione in meno.
Tuttavia, l8 marzo, lallora presidente Guido Rossi procedette nel consiglio damministrazione che doveva approvare il piano industriale, senza informare i consiglieri dei progetti di Telefónica. Contribuendo in maniera decisiva, con lappoggio di Mediobanca, al naufragio di quellopzione. Oggi è stata la stessa Mediobanca a portare Telefónica in Telecom. E già si parla di Guido Rossi come il prossimo presidente del gruppo, per un «Rossi ter».
A ben guardare, dunque, la differenza è una e una sola: tra Telefónica uno e Telefónica due è uscito di scena Tronchetti Provera. La prima soluzione presentava sia limprinting del presidente di Pirelli, sia il mantenimento del controllo in casa Bicocca, sia la permanenza dei Benetton. Nella seconda manca Tronchetti, e al suo posto ci sono Mediobanca e Intesa Sanpaolo. Ecco che allora il dubbio che a monte di tutto esistesse un piano il cui obiettivo numero uno fosse quello di allontanare la Pirelli da Telecom appare verosimile. Un piano che, lo ha detto sabato Antoine Bernheim, presidente di Generali, appena diventato il primo azionista tricolore di Telecom, stava molto a cuore al governo. Al punto che il ministro dellEconomia ha telefonato a Bernheim.
Per questo la svolta finale della vicenda è la storia di un «esproprio» partito da lontano. Daltra parte lo ha detto anche ieri Di Pietro: «Il problema non è litalianità, ma la Rete». Il governo Prodi aveva deciso già dallestate che la Rete fissa di Telecom non poteva rimanere nelle mani di un imprenditore privato. Non poteva rimanere a Tronchetti. Una scelta dettata dallincorreggibile dirigismo che ha ispirato fin da subito la politica industriale di questo esecutivo. E di certo esasperata dallo scandalo delle intercettazioni telefoniche abusive effettuate da una struttura illegalmente costituita allinterno del gruppo Telecom. Che poi queste intercettazioni non fossero tali, derubricate a «dossier», poco importa. Il punto è che la Rete fissa delle tlc nazionali è stata fortemente percepita non solo come infrastruttura di servizio, ma anche come asset strategico per la sicurezza nazionale. E, come tale, da riportare al più presto sotto un cappello istituzionale. Per pagarne il prezzo ci voleva una Telefónica che intervenisse.
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