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Telefonano Letta e Tremonti «Sto qui, non vado a Tahiti...»

«Abbiamo votato una legge elettorale dove la furbizia ha prevalso sulla virtù»

Massimiliano Scafi

da Roma

E adesso? «Adesso torno in ufficio e preparo gli scatoloni». Sì, vabbè, ma dopo? «Dopo niente. Io resto qua, nell’Udc, non vado mica a Tahiti». Sorride Marco Follini mentre lascia l’hotel Minerva e la guida del partito. Mille giorni tutti di corsa, tre anni frenetici a fare la fronda al governo dal bunker di via Due Macelli. Ma ora frena, riflette, prende tempo. «Presto faremo i conti con la contraddittorietà tra un sistema proporzionale e il premierato. I prossimi anni costringeranno la politica a scendere dal pulpito delle promesse facili e farsi carico di un passaggio difficile». Quindi la battaglia al Cav continua? Fino a un certo punto: «Sì, abbiamo due concezioni diverse - confida in serata agli amici -. Io rimango comunque un uomo del centrodestra».
Due telefonate, «molto cordiali», con Gianni Letta e Giulio Tremonti. Nessun contatto diretto invece con Silvio Berlusconi, secondo il quale «la Cdl ha ancora bisogno di Marco». Follini fa sapere di aver gradito le parole del premier, però prima di chiudere bottega gli rifila qualche altra pubblica stoccata. Certo, il gelo rimane tutto, anche se «non c’è nulla di personale». Ma c’è una situazione diversa. «Non sono un segretario per tutte le stagioni», spiega. Adesso è quella delle foglie morte e pure lui è caduto dall’albero. E domani? «Domani si apre una fase nuova», dice spandendo un po’ di mistero.
Infatti, nel pomeriggio le dimissioni sono ancora calde e già c’è il primo atto politico del nuovo Harry Potter: un indirizzo Internet, www.vivafollini.com, che raccoglie idee e proposte. «Follini - si legge nella presentazione del sito - deve continuare a rappresentare i tanti moderati e i tanti centristi italiani che credono in un centrodestra diverso. Più solidale, più europeo, più moderato». Ma allora, che farà da grande Follini due? Si butterà a sinistra? L’altro giorno, quasi ostentatamente, è rimasto più di un quarto d’ora a parlare fitto fitto con Piero Fassino nel bel mezzo del Transatlantico, proprio mentre la Camera era impegnata nelle votazioni sulla riforma elettorale. Un faccia a faccia che ha scatenato qualsiasi illazione. E ora, mentre Luciano Violante parla di «un atto di responsabilità politica», Francesco Rutelli gli riconosce «la dignità di non rinunciare alle ragioni che ha espresso». Romano Prodi rifiuta invece di commentare le sue dimissioni, «almeno fino alla chiusa delle primarie». Ma sul sito web di Dario Franceschini, coordinatore della Margherita, il popolo telematico dell’Unione boccia il ripescaggio di Follini.
Lui comunque non sembra molto disponibile al trasloco. Lo aveva detto nel 1993, all’epoca della nascita della Vela Ccd. «Non vogliamo diventare un prezzemolo cattolico in un polpettone progressista». Lo ripete adesso ai suoi fedelissimi: «Resto un uomo del centrodestra». Il futuro di Follini, se ci sarà, sarà nella Cdl, così almeno sembra di capire. Ma non sarà per domani, viste le ruggini con Berlusconi, vista anche la fredda accoglienza degli altri partiti della coalizione. Secondo Francesco Cossiga non sarà nemmeno per dopodomani: «Marco è un ragazzo serio e quindi, soprattutto per il futuro, affidabile. Lui è una giovane riserva della Repubblica. E Dio solo sa di quante riserve della Repubblica ha bisogno questo Paese nel prossimo futuro».
Follini del resto, a 51 anni, non ha alcuna intenzione di andare ai giardinetti. Così, passa la mano e aspetta il prossimo giro. La politica per lui «è una vera e forte passione», talmente forte da averlo in questi tre anni messo in perenne contrasto con il Cavaliere. È dal 2002, dalla fusione tra Ccd, Cdu e Democrazia europea che Follini si è ritagliato il profilo di «coscienza critica» della Cdl. Poi la lunga estate della verifica del 2003, le liti sulle pensioni e sulla cabina di regia, la voglia di fare da contrappeso alla Lega, le battaglie per difendere i giudici e per annacquare la Gasparri, la guerriglia continua per una «discontinuità» e contro «la monarchia del centrodestra». Intanto, elezione dopo elezione, il bottino dell’Udc cresceva.
Per smussarne gli ardori e per legarlo di più alla maggioranza, Berlusconi lo ha corteggiato a lungo. A un certo punto, nel dicembre 2004, c’è pure riuscito, imbarcandolo nel governo come vicepremier. Follini a Palazzo Chigi c’è rimasto poco, quattro mesi appena.

Ad aprile 2005, dopo la sconfitta del centrodestra alle regionali e la crisi, è tornato al partito. L’ultimo assalto il 22 settembre scorso, quando ha detto che «Berlusconi non è miglior candidato». Sembrava che Casini gli desse retta: «O si cambia o si perde». Invece a cambiare leader è stata l’Udc.

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