Per tenersi i suoi malati la Regione chiede alle altre meno efficienza

È quanto sono riusciti a pensare i dirigenti della sanità ligure per fermare le fughe dei pazienti

Per tenersi i suoi malati la Regione chiede alle altre meno efficienza

Ci hanno pensato tanto gli esperti dell’assessore Claudio Montaldo, e poi hanno capito come risolvere il problema più spinoso della sanità: le fughe dei malati liguri verso regioni come Piemonte e Lombardia soprattutto, ma anche Toscana: basta chiedere alle altre regioni di essere meno appetibili, di ridurre l’«appeal», hanno sentenziato. E il concetto è stato addirittura spiegato ai medici come strategico.
Perché i liguri preferiscono l’Ortopedia piemontese e vanno a Novi Ligure anche magari solo per un alluce valgo, ma anche per la protesi d’anca, oppure chiedono aiuto agli specialisti del San Raffaele di Milano per i tumori, o si fanno operare di prostata e di cuore in Costa Azzurra? Semplice, perché il tam tam di chi c’è stato è una pubblicità potente, nel bene e nel male. Chi si è trovato bene, è stato curato con umanità oltreché professionalità, ha avuto il conforto dei familiari vicini e così via, non può che dire al fratello, al cognato, all’amico: vai là.
La soluzione può essere una sola secondo gli esperti di De Ferrari, gli stessi che l’hanno descritta recentemente alle riunioni che si sono svolte tra i responsabili del Dipartimento Sanità della Regione e i primari genovesi: «Chiedere alle regioni vicine di ridurre il loro appeal».
«Quando ho visto la diapositiva con questa frase non credevo ai miei occhi - racconta Paolo Tanganelli, primario della Neurologia dell’ospedale Padre Antero Micone, dove è anche presidente del collegio dei primari -. Sostenere il concetto che per fermare la fuga dei pazienti bisogna chiedere alle altre regioni di peggiorare l’offerta sanitaria invece che migliorare la nostra è quanto di più bizzarro abbia mai sentito, per non dire di peggio».
Ma c’è di peggio: i progetti dell’assessore Montaldo che parla di tagli senza annunciare potenziamenti. E tra i tagli possibili c’è proprio Sestri Ponente. «Guardi, qui tocchiamo un tasto... noi medici non dobbiamo decidere dove si farà l’ospedale di vallata, non spetta a noi - continua Tanganelli, in prima linea da anni nella battaglia per l’umanizzazione delle cure e il rapporto tra ospedale e territorio -, certo ne sentiamo parlare da vent’anni. Anche da prima che bonificassero l’area di Fiumara a Sampierdarena c’era il progetto dell’ospedale, ma poi hanno preferito metterci le Coop. Poi c’è stata l’area Miralanza, adesso sento parlare di Erzelli... Intanto però mi trovo costretto a dire ai miei pazienti che forse domani non potrò curarli al meglio perché non me ne daranno più i mezzi. Invece io, come primario, devo deontologicamente garantire non solo l’assistenza, ma anche la qualità dell’assistenza, che è diverso». Dicono che ci sono troppi posti letto. «È vero - continua il primario - ma se si considera il territorio genovese nella sua totalità. A ponente ce ne sono pochi, a levante tanti. Ma nessuno vuole fare il conto guardando le zone cittadine. Intanto il ponente che ha qualcosa come 200mila abitanti aspetta da anni un ospedale più grande, e dovrà aspettarlo ancora per molto tempo a quanto sembra».
E nel frattempo? Ciò che più temono i medici e gli operatori sanitari è il «frattempo»: in attesa della progettazione del nuovo ospedale (ma bisogna vedere se il presidente della Regione Burlando e il prossimo sindaco, chiunque sia, saranno d’accordo sugli Erzelli, e la stessa Vincenzi, per esempio, non lo è) i piccoli nosocomi che faranno? «Temiamo la scure indiscriminata della Regione - spiega Tanganelli -, se non sarà fatta attenzione le ricadute saranno pesantissime: i piccoli ospedali come Sestri e Voltri hanno svolto da anni funzioni di umanizzazione delle cure, continuità assistenziale con il territorio, progetti con le famiglie, ma sono come castelli di carta, che stanno in piedi, ma se si toglie una carta, vedi il pronto soccorso con gli specialisti, crolla tutto».
Servono investimenti in apparecchiature, diagnostica, qualità alberghiera che è l’ultimo aspetto considerato a Genova, ma non in altre regioni. «Manca una regìa: il piano sanitario c’è? E se c’è perché non lo mostrano? - continua lo specialista -.

Vorremmo vedere un po’ di entusiasmo anche nella progettazione e non solo volontà punitiva, di tagliare guardando solo i conti: ogni giorno c’è qualcuno che si alza e fa una proposta. Ci piacerebbe che la Regione non andasse così a tentoni». Sì, piacerebbe anche ai pazienti.

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