Prima di tutto, non guardate in internet. Gira voce che nel 2012 finirà il mondo. L’argomento suscita un certo interesse e la tentazione è forte: googlare «apocalisse» e controllare se per caso navigando qua e là si possa, prima della fine, trovare la soluzione nelle seicentomila pagine che riguardano l’argomento.
Prima di proseguire vorrete almeno sapere chi ce l’ha tirata. Ecco, detto in poche parole, i Maya sarebbero stati i primi (prima ancora dei catastrofisti climatici) a prevedere che fra tre anni la civiltà come la conosciamo scomparirà. Di colpo. Fine dell’età dell’Oro. Oscurità. Inondazioni (qui intervengono di solito i catastrofisti climatici di cui sopra e pronunciano le due parole-mantra: tsunami e Katrina). Accadrà per via che in 34 minuti nel giorno del solstizio d’inverno del 2012 si allineeranno Sole e Hanab Ku, il buco nero al centro della galassia. Quel giorno Kukulkán, il dio multiplo Serpente, che i Maya attendono da sempre, tornerà per dare avvio a una nuova era. Per una serie di coincidenze, nel 2012 potrebbero verificarsi anche: acme nell’attività delle macchie solari; inizio dell’inversione dei poli magnetici; destabilizzazione del sistema solare con conseguenti, per la Terra, oscillazioni dell’orbita e incrocio letale con il percorso di asteroidi e comete. Tutta agitazione planetaria importante che, alla lunga, fa danni. A questo punto starete per collegarvi alla Rete, ma dovete resistere.
Si moltiplicano infatti siti fanatici in trepidante attesa che, convinti della vulnerabilità di un pianeta che in fondo resiste da parecchio, tracimano spaventosi scenari predittivi, pronti a dissolversi come polvere di cometa il 21 dicembre dell’anno fatale: 2012warning.com, december212012.com, 2012-comet.com, tanto per citare i più «seri». E non è che la stagione cinematografica di là da cominciare incoraggi: per l’autunno si prevede 2012, con John Cusack e la regia di Roland Emmerich, uno che con The Day After Tomorrow e Independence Day ha fatto del catastrofico un genere di culto. La giostra messa in piedi per la promozione del film prevede persino un fittizio «Institute for Human Continuity» che dovrebbe dare le ultime news sul tema in diretta dalla Casa Bianca.
Molto meglio i libri: abbondano, danno la possibilità di riflettere senza panico e si riveleranno, indipendentemente dalla teoria promulgata, un ottimo talismano nel momento cruciale. Un po’ come se Robinson Crusoe avesse avuto per le mani il Manuale delle Giovani Marmotte. La dimostrazione? Il libro di Roberto Giacobbo 2012 La fine del mondo? (Mondadori, pagg. 195, euro 17) - che dal giorno dell’uscita ha dato rapidamente la scalata ai vertici delle classifiche di vendita - trattato eterogeneo che unisce seguaci della New Age, profezie di Malachia sui papi, invasioni extraterrestri, leggende cambogiane, teschi di cristallo e piramidi d’Egitto, inizia così: «Questo libro la mattina del 22 dicembre 2012 non servirà più. Non servirà se succederà qualcosa, non servirà se non succederà nulla». Quale augurio migliore per la sopravvivenza della specie umana come la conosciamo?
Se preferite la fiction, non perdetevi 2012 L’Apocalisse (Newton Compton, pagg. 320, euro 12,90) da cui Michael Bay sta girando un film con Will Smith), il terrificante «rogo di anime e corpi» ideato da Whitley Strieber (l’ufologo di Fuoco impuro e Tempesta globale): gli spiriti dei morti, caduti schiavi di una misteriosa popolazione aliena, abbandoneranno i loro simulacri per darsi a una guerra mai combattuta fino a ora e tutti i luoghi sacri del pianeta si sveglieranno avvolti nelle fiamme. Altrettanto affascinanti i racconti di Armageddon. Scorciatoie per l’Apocalisse di Alan D. Altieri (Tea, pagg. 264, euro 10), cronache visionarie di angoscia e violenza in diretta dall’ultimo giorno di uomini e dei.
Tra i classici del catastrofismo assurti a disciplina, Apocalisse 2012. Un’indagine scientifica sulla fine della civiltà di Lawrence Joseph (Corbaccio, pagg. 300, euro 18,60) o Il mondo senza di noi di Alan Weisman (Einaudi, pagg. 376, euro 14,50) in cui l’autore ci conduce in un viaggetto virtuale nelle zone del pianeta già «deumanizzate» dopo un’epidemia o una catastrofe. Se amate filosofeggiare recuperate il libretto di Ian McEwan che uscì l’anno scorso, Blues della fine del mondo (Einaudi, pagg. 50, euro 9): vi aiuterà a metterci una pietra sopra: che venga l’Apocalisse. Sarà l’imperituro anticorpo della curiosità a salvarci.
Esorcizzare la fine è un rito collettivo dei terrestri spaventati, a metà tra lo scongiuro e il desiderio. Un rito che ha prodotto fenomeni regolarmente smentiti dalla Storia: vedi Nostradamus, ormai qualificato come chiaroveggente retroattivo, vedi il penultimo incubo legato al calendario cristiano, la replica dell’anno Mille e il nuovo medioevo per l’umanità, rappresentato per alcuni da quel «baco» virtuale che avrebbe dovuto paralizzare i computer globali. Per replicare il tentativo di secolarizzare il più terribile e misterioso dei lasciti biblici non ci restano che i Maya.
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