Claudio Rossini
Dopo un ventennio che aveva smorzato i molti entusiasmi dei praticanti portati allo sport della racchetta dalle indiscusse doti, e con esse dalle vittorie di campioni come Pietrangeli, Sirola e poi Panatta e con lui i brillanti componenti della nostra squadra capace di vincere l'unica Coppa Davis, si intravvedono chiari segnali che «son finiti i tempi cupi» come dicono i romani.
Proprio dal torneo di Roma prendiamo atto che il tennis è ancora capace di attrarre, grazie anche alle oltre cinque ore di diretta televisiva per una finale seguita da un notevole numero di telespettatori (dichiarato uno share del 17%), con il centrale del Foro Italico stracolmo. Immaginiamoci se al posto di Nadal o Coria ci fosse stata una delle giovani promesse italiane.
È recente la notizia dell'accordo tra Sky e Sportitalia per trasmettere in chiaro highlights e sintesi del prossimo Wimbledon.
Sullo stato di salute del nostro tennis è intervenuto Franco Pongiluppi recentemente nominato da Federico Ceppellini presidente della commissione Progetti di Propaganda. «Dapprima dirò delle cose non positive per il bene del nostro sport e di cui è giusto prendere atto - dice Pongiluppi - È innegabile che la prima scelta dei ragazzi italiani sia il calcio e quindi allo sport della racchetta arrivino le seconde scelte. Un altro fondamentale aspetto delle fortune del tennis, il circolo, non ha attraversato periodi felici. Fare oggi il dirigente è sempre più difficile anche per gli oneri amministrativi e penali che incombono su questa figura di sportivo appassionato, sempre alla ricerca del tempo, un parametro che spesso ci mette in crisi».
E sempre più importante invece la vita del circolo: «Vedo nella vita del circolo - continua Pongiluppi, ex giocatore di vertice regionale - un cammino ineludibile per le fortune del nostro sport. È sufficiente, poi, essere dei buoni terzi gruppo, perché per sfondare, ad esempio come Sanguinetti o Gaudenzi, occorre una certa agiatezza che possa far fronte alle spese di un maestro, di un preparatore atletico, di uno psicologo, di un coach e di qualche soggiorno all'estero».
Ma allora, va tutto male, è tutto sbagliato come diceva Bartali?
«No perchè dalla Francia, ad esempio, avanti a noi di parecchi passi, abbiamo importato e divulghiamo con buon successo il Minitennis. Un gioco che permette di abbassare l'età dei praticanti che, finalmente con racchette impugnabili da ragazzini di 4-7 anni, con palle gonfiate a bassa pressione e quindi morbide, con le dimensioni del campo e con l'altezza della rete variate per la loro età, trovano divertente sfogo al loro bisogno di dinamicità e di divertimento. Laddove i genitori pratichino il tennis, i figli trovano sbocco sportivo in questa disciplina.
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