Sinner ha battuto anche i crampi, e a questo punto non manca più nessuno. E la novità che arriva da Vienna, dopo una bellissima e durissima finale contro Sasha Zverev che a un certo punto sembrava una replica di quanto visto a Shanghai: Jannik piegato mentre si massaggia le gambe e l’asciugamano come rifugio per prendere tempo, con quell’andatura da cowboy appena sceso da cavallo che di solito è un presagio di sventure. E invece no: «La cosa più importante è stato cercare di non mollare, rimanere lì. La chiave quella di servire bene e risparmiare energie in battuta». Felici tutti e felice anche lui (con tanto di ringraziamento a famiglia e – momento gossip – alla fidanzata Laila): quarto titolo dell’anno e ventunesima partita consecutiva indoor che finisce col sorriso. Meno soddisfatto il tedesco che – parole sue – ha vissuto «una delle peggiori stagioni della mia carriera ». Si è risvegliato però giusto in tempo per le Atp Finals, e se gioca così sarà un osso duro.
Ieri, per esempio, ha cominciato alla grande: salvata una palla break nel primo game, ha poi incrinato le certezze di Sinner con la battuta. Jannik, invece, è passato dal 40-0 a perdere un turno di servizio, ma soprattutto sembrava un po’ più stanco del rivale. Forse una questione più di testa che di gambe, anche perché poi – quando ha deciso di accelerare – il match è tornato dalla sua parte: micidiale anche negli ace, negli scambi lunghi è riuscito spesso a trovare le solite soluzioni irresistibili. Inevitabile, dunque, che la questione si risolvesse al terzo set, a metà del quale ecco i dolori del giovane Jannik. «Colpisci in libertà », gli aveva appena detto Darren Cahill, e lui lo ha preso alla lettera, infilando i servizi giusti per restare in piedi. Passata la crisi, il break decisivo e il 3-6, 6-3, 7-5 finale.
Ora si va a Parigi: il margine per scippare il trono ad Alcaraz si è ridotto a 840 punti, e l’anno scorso a Bercy (quest’anno si gioca nella nuova Defense Arena) Carlos uscì agli ottavi, mentre Sinner non si presentò neppure. C’è dunque margine per fare legna, mentre intanto si è fatta la pace con Bruno Vespa: il giornalista, dopo il duro post contro il nostro numero uno per la rinuncia alla Davis, al microfono della “Iene” ha corretto il tiro.
«Sono un vecchio nazionalista – ha spiegato -, sono di un altro secolo e ci tengo alla bandiera e all’inno: questa non gliela perdono, però forza Sinner! Io auguro il bene a tutti, figuriamoci se non lo auguro a lui». Jannik, in cambio, ha poi firmato una bandiera italiana «a Bruno, con affetto», e quindi anche questo match finisce qui. Senza crampi (allo stomaco).