Tensione e veleni: Olimpico supersorvegliato

Alessia Marani

Poche ore al derby, macchina della sicurezza al via. Doppia linea di filtraggio per l’ingresso allo stadio, trenta questa volta i tornelli elettronici che entreranno in funzione (dodici in Curva Sud, altrettanti nella Nord, altri sei in Tribuna Tevere), trecento gli steward messi a disposizione dalla Roma Calcio per accompagnare i tifosi ai loro posti ma anche per sorvegliare sugli spalti. Almeno seicento gli uomini delle forze dell’ordine coinvolti nella vigilanza dentro e fuori l’Olimpico, con cani antidroga e, soprattutto, antiesplosivo. Diktat categorico è, infatti, evitare episodi come quelli di Ascoli dove il lancio di un fumogeno a fine gara ha ferito una donna a un occhio. «L’attenzione è doverosa - spiega il prefetto Achille Serra - anche se la vigilia appare tutto sommato tranquilla. I controlli saranno rigidi e severi ma il confronto dialettico tra i giocatori in questi giorni, in particolare le parole rasserenatrici del leader biancazzurro, Paolo Di Canio, lasciano ben sperare». Sarà.
Paolo Cento, parlamentare dei Verdi, intanto, inveisce contro la politica dello «stadio bunker». «Un campo sportivo - dice - trasformato in una sorta di carcere speciale, con radiogeni, biglietti nominativi e leggi particolari che allontanano i tifosi e le loro famiglie. Fa tristezza vedere l’Olimpico così». Sessantamila gli spettatori che seguiranno «dal vivo» il derby del Cupolone, diecimila in meno rispetto alla media (ma un miliardo e mezzo i potenziali spettatori tv collegati da tutto il mondo). Cancelli aperti alle 16,30 per l’ispezione delle tifoserie organizzate incaricate dell’allestimento delle coreografie, un’ora dopo per il resto del pubblico. Inizio del match fissato per le 20,30.
E il ricordo vola all’altro derby «in prima serata», quello del 21 marzo del 2004 quando la partita fu incredibilmente sospesa dopo la diffusione della falsa notizia di un bimbo investito e ucciso da un’auto della polizia. Seguirono scontri e incidenti. Una nottata da incubo. «A voi la scelta: o il paradiso o l’inferno», c’era scritto ieri su uno striscione srotolato da un gruppo di supporter giallorossi a Trigoria, prima dell’allenamento pomeridiano al «Bernardini».

Gli occhi, dunque, sono tutti puntati sulle tifoserie: compresi quelli elettronici delle telecamere piazzati sulle gradinate, sui viali d’accesso ai varchi, lungo il perimetro dell’area del Foro Italico; e quelli degli «sbirri» della Digos, la divisione politica della polizia, alla ricerca dei teppisti del commando che venerdì mattina ha partecipato alla spedizione «punitiva» contro il radiocronista di «Nuova Spazio Radio» Alessandro Placidi, picchiato perché reo di «fare del male alla Lazio» difendendo la gestione di patron Lotito.

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