da Roma
Certo Massimo DAlema smentisce (con qualche ritardo) di aver mai telefonato a Prodi in Cina per chiedergli le dimissioni di Rovati ed «esprimendo giudizi sulloperato del premier». Ma in casa ds non si nasconde che quella che viene definita «unopera di moral suasion» attuata dai dirigenti ulivisti nei confronti del presidente del Consiglio abbia infine sortito un effetto.
E se la notizia delle dimissioni del consigliere economico di Palazzo Chigi è arrivata ieri allalba da Pechino, si spiega, è anche perché è stato fatto capire al capo del governo che non era il caso di rinviare la scelta («Ne discuteremo una volta rientrati in Italia», facevano sapere ancora domenica pomeriggio dallentourage prodiano), ma era meglio sgomberare il campo prima possibile. Prima, soprattutto, delle decisioni formali sul dibattito parlamentare sul caso Telecom.
Oggi si riuniscono prima la maggioranza e poi la conferenza dei capigruppo di Montecitorio, per fissare data e termini dellinformativa del governo al Parlamento, e «con le dimissioni di Rovati si è sgombrato il campo dal principale motivo di polemica», spiega il vicecapogruppo dellUlivo Bressa. Semplificando lopera al ministro che si assumerà larduo compito di difendere in aula loperato del governo: «E non cè certo la gara a prendersi questa rogna al posto di Prodi», confidano dal Botteghino e dalla Margherita. Alla fine dovrebbe toccare al rutelliano Paolo Gentiloni, titolare delle Comunicazioni: un modo per circoscrivere al massimo la discussione, ed evitare di entrare sullo scivoloso terreno delle scelte di politica economica e industriale del governo, sul quale la maggioranza ha linee assai divaricate. Ragion per cui non sarà un ministro economico (il ds Bersani, non ostile allidea) a parlare in aula. «Sarebbe un errore se i Ds volessero esibire una sorta di commissariamento di Prodi sulla politica economica, che è già nei fatti», nota un esponente dl. Il dibattito si dovrebbe tenere già in settimana, giovedì, mentre Prodi è ancora negli Usa. Il quale Prodi, si sa, inizialmente si era opposto alla richiesta di un dibattito parlamentare con un memorabile «ma che siamo matti?». Poi è stato tirato per la giacca dalla sua stessa maggioranza, presidente della Camera in testa (e ieri Bertinotti è tornato a ribadire che «è obbligatorio che il governo risponda al Parlamento») e si è convinto che andasse fatto, ma con la clausola che mai e poi mai sarebbe stato lui a presentarsi in aula. Cosa che non soddisfa tutta la sua maggioranza: la dalemiana Velina Rossa dice che sarebbe «opportuno» che fosse il premier a riferire in aula, e attacca: «Nessun presidente del Consiglio può pensare di accentrare tutti i poteri di politica economica». La questione della presenza del premier verrà posta anche nella conferenza dei capigruppo di oggi. Dalla Cdl, naturalmente, ma anche dalla Rosa nel pugno: «Onore a Gentiloni, pronto a mettere la sua faccia su questo pasticcio di cui anche lui avrà avuto notizia dai giornali - dice Daniele Capezzone - ma sarebbe interesse oltre che dovere di Prodi di venire lui a spiegare qual è la politica del governo e se condivide lo schema Rovati, che prefigura una sorta di neo-Iri che controlla gas, elettricità e tlc». Certo, il premier è allestero, «ma una volta girati i cinque continenti, un aereo per Roma alla fine dovrà ben prenderlo».
Cè incertezza anche sulle conclusioni del dibattito: secondo fonti dellUnione, lo stesso premier avrebbe in un primo tempo chiesto il voto di un ordine del giorno che confermasse la sua linea, trovando però lopposizione dellUlivo. Anche perché, spiegano dal Prc, «coi numeri che abbiamo al Senato e le divisioni interne rischiamo leffetto boomerang». Quindi ci si è blindati con linformativa, che non prevede voto di sorta.
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