Roma Né frenate, né passi indietro. Terminato il pranzo ad Arcore con il presidente vietnamita Nguyen Minh Triet e il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi, nelle telefonate del pomeriggio Silvio Berlusconi torna a ribadire la linea inaugurata qualche giorno fa a Bonn. «D’ora in poi - ripete nelle conversazioni private - si gioca d’attacco e non più in difesa». Un ragionamento che vale su diversi fronti e che prevede un’accelerazione di «quasi tutte le pratiche». In primo luogo con un rilancio dell’azione di governo che parta da una grande riforma costituzionale e poi cercando di mettere la parola fine all’ormai troppo lunga querelle con Gianfranco Fini. Sul punto il Cavaliere è piuttosto chiaro perché - spiegava nelle ultime 48 ore ai suoi interlocutori - così non si può andare avanti. Insomma, è arrivato il momento che «Gianfranco decida da che parte stare». Parole, quelle del premier, che alla luce della chiamata alle armi di Pier Ferdinando Casini in nome della «difesa della democrazia» hanno un sapore diverso dal passato.
E infatti Berlusconi pare intenzionato a non fare sconti già a partire dalle candidature per le Regionali. Che a questo punto potrebbe decidere in prima persona e autonomamente, ovviamente con il placet dell’ufficio di presidenza del Pdl. «D’altra parte - spiega un ministro vicino al Cavaliere - su trenta e passa componenti ci sono solo Bocchino, Urso, Viespoli e forse la Meloni pronti a stracciarsi le vesti per Fini». Gli altri non avrebbero alcun problema, soprattutto i cosiddetti nordisti che al presidente della Camera non perdonano le sue posizioni sulla cittadinanza agli immigrati (che stando ai sondaggi stanno spostando molti voti dal Pdl alla Lega). E se davvero Berlusconi mettesse in pratica quella che per il momento è - seppur molto forte - solo una tentazione, di fatto Fini si troverebbe a essere escluso dai processi decisionali del partito e quindi dal partito stesso.
Anche per questo il premier non è affatto intenzionato ad accelerare sul fronte delle candidature, perché - spiegava qualche giorno fa - la strada migliore è quella di tenere aperte tutte le caselle fino all’ultimo. Ed è proprio questa la ragione per cui ancora ieri non dava affatto per scontata un’investitura ufficiale di Roberto Formigoni durante la manifestazione in piazza San Babila. D’altra parte, la scorsa settimana aveva insistito molto con Maurizio Lupi per spostare un appuntamento tanto importante a dopo le vacanze di Natale, perché «in questi giorni la gente pensa solo alle feste e non certo alla politica». L’organizzazione della manifestazione, però, era già partita e Formigoni è ansioso di chiudere al più presto la pratica. Così la data è stata confermata. Vedremo oggi se il Cavaliere supererà i suoi dubbi e darà ufficialmente il via libera al governatore della Lombardia o se si limiterà a una candidatura di circostanza che lascia aperta eventuali soluzioni alternative.
Molto probabile, invece, che Berlusconi punti buona parte del suo intervento sulla necessità di una grande riforma costituzionale. È questa, infatti, la strada che il premier sembra intenzionato a seguire per un rilancio dell’azione di governo e per uscire dall’impasse. Una riforma che ridisegni il nostro sistema istituzionale, magari arrivando a stabilire l’elezione diretta del premier.
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