Terminator torna a finire il lavoro Schwarzenegger di nuovo sul set

A volte ritornano. Purtroppo. L’ultimo della serie è il governatore, anzi ex, della California, Arnold Schwarzenegger. Deciso a rientrare sullo schermo dopo la lunga, e altalenante, a giudizio degli esperti, parentesi politica. L’ha annunciato lo stesso Schwarzy, replicando minacciosamente la frase più celebre di un suo film, Terminator, girato nell’ormai lontano 1984: «Tornerò». Una promessa, lapidaria, com’è nel suo stile, che allora era un riferimento puramente pubblicitario alle due successive puntate della fortunatissima serie fantascientifica.
«Buone notizie - ha scritto ieri su Twitter -, i miei amici del CAA (Creative Artists Agency, la sua agenzia, ndr) per sette anni mi hanno sempre chiesto quando avrebbero potuto esaminare offerte di lavoro. Ebbene, oggi ho dato il via libera».
Popolare lo è ancora il prode Schwarzenneger, a dire il vero più sull’onda delle imprese cinematografiche che di quelle governatoriali. Il fatto, non trascurabile, è che il divo ha sessantatre anni, compiuti in luglio per la precisione. Si dirà, perché Robert De Niro non è ha forse sessantasette, Al Pacino settanta, Dustin Hoffman addirittura settantre? Certo, ma tutti e tre, guarda caso, non hanno mai usato come passaporto per la gloria (cinematografica) i muscoli. Ad eccezione di quelli facciali. Operazione nella quale il monumentale Schwarzy non è portatissimo. A rinvigorire le rinnovate prospettive artistiche dell’ex culturista austriaco, c’è però l’esempio vivente di Harrison Ford (classe 1942), indistruttibile, e monocorde, Indiana Jones, tutt’ora sulla breccia alla grande.
Giusto, ma c’è un ma. Harrison Ford non si è mai staccato dal set, è rimasto quindi in piena forma, sempre pronto ai successivi cimenti, magari fisicamente meno impegnativi rispetto ai tempi d’oro. Schwarzenegger invece si è da tempo impigrito sulla prestigiosa poltrona californiana, sulla quale ha triplicato il deficit, portandolo a ventotto miliardi. Un boom all’ingiù che gli ha fatto perdere fior di consensi, riducendolo sull’orlo dell’impopolarità (ventidue per cento, dicevano gli ultimi, impietosi sondaggi). Una tremendo sberla sul muso per uno come lui, da sempre baciato dal consenso.
Dovrà perciò lavorar sodo in palestra «Arnold il duro» per riprendere la tonicità degli impressionanti bicipiti. Tanto più che nel proclama dell’imminente rientro ha precisato, in tutta modestia, di rivolere il ruolo che gli è più congeniale, quello di «Eroe». Quello, per intenderci, che gli ha fatto scalare gradino dopo gradino l’Olimpo di Hollywood, e impinguare un conto in banca che si aggirerebbe tra i cento e i duecento milioni.
La critica di tutto il mondo ha storto ripetutamente il naso di fronte a blockbuster come Atto di forza, Danko, Predator, Codice Magnum, Yado, Commando, Conan il barbaro. Ma è stato inutile sparare sentenze negative: per fermare la folla davanti ai botteghini non sarebbero bastati i bazooka. Gli stessi che proprio Schwarzy usava abitualmente per far fuori i nemici nelle sue mirabolanti avventure. Difficile fare una stima, ma a stare stretti ne avrà stesi una media di cento a kolossal. Senza mutare mai espressione, manco a dirlo.
A sfogliare l’album dei ricordi, si vede che i ritorni miracolosi sullo schermo sono rarissimi: James Cagney è il più famoso. Colui che fu il sadico Nemico pubblico (1931) lavorò senza sosta fino all’Uno, due, tre di Bily Wilder (1961), per poi rientrare nel Ragtime di Forman vent’anni esatti dopo. Un’apparizione, eccellente, ma che non ebbe seguito. Schwarzenegger fa già la corna, ripensando anche a certe ricomparse tutt’altro che felici. Lo sport insegna, sport di cui Schwarzy è stato pluridecorato rappresentante (body building). Guardare per credere: Michael Schumacher in Formula uno, Mark Spitz nel nuoto, Bjorn Borg nel tennis. Poveretti, che flop.


Schwarzenegger, sempre che abbia tenuto ben oliato il prezioso telaio, ha un compito tutto sommato più agevole: nessun produttore lo recluterà per puntare all’Oscar. E poi Arnold ha un jolly imbattibile nella sua manica di attore: non potrà mai peggiorare.

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