Terremoto d’Abruzzo, spuntano i primi venti indagati

SEI MESI DOPO Sotto le macerie rimasero uccisi undici giovani. A giorni partiranno gli interrogatori

Da ieri gli aquilani possono tornare nel luogo che più di tutti porta impresso il marchio della tragedia. Chissà se è solo la mano del destino che ha spinto il sindaco Massimo Cialente a ordinare la riapertura di via XX Settembre, la strada dell’Aquila più colpita dal terremoto del 6 aprile. In quella via centralissima sorge, o meglio sorgeva, la Casa dello Studente dell’università aquilana, un edificio sotto il quale sono rimasti sepolti otto studenti ai quali pochi giorni prima del crollo il personale dell’Adsu, l’azienda per il diritto allo studio, aveva detto di star tranquilli, che non c’era alcun pericolo. E invece non solo non era solido quell’edificio, trasformato in dormitorio studentesco dopo essere stato azienda farmaceutica, ma, secondo la Procura dell’Aquila, dietro al crollo ci sono precise responsabilità. Si parla di venti avvisi di garanzia pronti a partire, relativi sia alla tragedia della Casa dello Studente sia a un altro drammatico crollo, quello del Convitto nazionale, dove morirono altre tre persone.
Il procuratore capo Alfredo Rossini non si sbilancia sui dettagli: «Venti indagati? Questi numeri mi sembrano un salto in avanti. Solo la settimana prossima potremo trarre le nostre conclusioni». Ma la voce in città si rincorre già da qualche giorno e del resto, la Casa dello studente è uno dei cinque edifici (insieme al Convitto, all’ospedale e all’università) per i quali la Procura ha ordinato perizie sulle cause dei crolli. Stando alle indiscrezioni nel mirino ci sarebbero tecnici, costruttori e amministratori pubblici. Al vaglio ci sarebbe infatti sia la manutenzione degli edifici sia la localizzazione su terreni, come le «ghiaie cementate» dove una volta scorreva il fiume Aterno, a maggior rischio sismico. «A guardare la mappa dei crolli - spiega Carlo Benedetti, il presidente del Consiglio comunale - si capisce che è stato un terremoto “chirurgico”: sono state colpite pesantemente le zone in cui il terreno presenta problemi geologici. La zona di via XX Settembre una volta era la discarica della città, riempita anche con i detriti dei precedenti terremoti. L’Aquila non è una città costruita con la cartapesta, ma è mancata l’attenzione alla programmazione urbanistica». Le illazioni sui palazzi costruiti con la sabbia si sono subito sbriciolate.
Le accuse sono pesantissime: omicidio e disastro colposo. E i Pm sembrano intenzionati a far luce anche sugli atti amministrativi che avrebbero portato a estendere la città in aree non idonee. Atti che risalgono anche agli anni 70. Anche se la trascuratezza non è terminata negli anni più recenti. Ad esempio quando si è scelto di declassificare l’Aquila da zona a massimo rischio sismico.


Le famiglie degli studenti morti in via XX Settembre si sono costituiti in un comitato che da subito ha chiesto di non fare sconti, di onorare la memoria di Luciana, Michelon, Alessio e gli altri rimasti sepolti. Dalla settimana prossima chi è accusato della loro morte sarà convocato in Procura per renderne conto come indagato.

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