Terremoto? Manette agli scienziati

I magistrati aquilani accusano di omicidio colposo i nostri migliori tecnici perché dovevano prevedere il sisma. Nel mirino 7 super esperti

Terremoto? Manette agli scienziati

Sette scienziati indagati per omicidio. Motivo? Non hanno previsto il terremoto. Detta così sembra una barzelletta e difatti quando hanno saputo la notizia da Mauro Dolce, il direttore dell’ufficio rischio sismico della Protezione civile che è uno dei destinatari dell’avviso di garanzia, i sismologi di tutto il mondo riuniti ieri a Washington sono scoppiati a ridere. Invece è una cosa terribilmente seria. Perché il 6 aprile 2009 in Abruzzo sono morte oltre 300 persone e i familiari chiedono di sapere se i loro cari potevano essere salvati, se sono stati vittime di una tragica fatalità o se invece ci sono responsabilità da individuare e perseguire. Pretesa più che legittima. E difatti sono già state aperte inchieste a carico di chi è sospettato di non aver rispettato le norme nella costruzione di alcuni edifici sbriciolati come grissini dal sisma.

Però l’ultima mossa della Procura dell’Aquila va oltre. Molto oltre. E accusa appunto alcuni eminenti studiosi, riuniti all’epoca nella Commissione grandi rischi, di non aver saputo preconizzare quanto sarebbe successo di lì a qualche giorno e di non aver quindi disposto l’allontanamento dei cittadini dalle abitazioni. Rendendosi colpevoli di «negligenza, imprudenza e imperizia». E qui la faccenda si fa delicatissima. Perché è vero che la scossa fatale era stata preceduta da una sequenza di fenomeni di minor entità durata settimane. Ma è altrettanto vero che la comunità scientifica internazionale ha sempre negato che sia possibile sapere in anticipo se, dove e soprattutto quando si verificherà un terremoto distruttivo.

Adesso arrivano i magistrati abruzzesi e dicono che no, non è così: la catastrofe può, anzi deve, essere prevista. E chi non lo fa è un omicida da mettere in galera. Un bel salto, non c’è che dire. Una rivoluzione copernicana. Con alcuni corollari non di poco conto. Poiché, pur non avendo le capacità e le conoscenze dei pubblici ministeri dell’Aquila, gli studiosi sono comunque arrivati a individuare alcune zone nelle quali il rischio di eventi sismici è molto elevato e altre dove addirittura si può affermare con certezza che prima o poi qualcosa di grosso succederà, che si fa? Si sgombera, è ovvio. Quindi, chiudiamo Napoli. Via tutti, subito. Abbiamo letto quel che può succedere in caso di risveglio del Vesuvio: un disastro, nessun napoletano può ritenersi al sicuro.

E Messina? Città ad altissimo rischio, lo si è visto nel 1908: 120mila morti. Se ricapitasse (ed è tutt’altro che escluso) altro che omicidio: l’imputazione sarebbe di genocidio. Meglio evitare: via tutti, non c’è un minuto da perdere.

Da evacuare al più presto anche Irpinia, Molise e Friuli: regioni desertificate per futuro sisma terremoto. E vedrete che anche a Los Angeles, non appena sapranno delle scoperte scientifiche che facciamo qui nelle nostre Procure, correranno ai ripari. Altro che star lì ad aspettare il Big One: svuotiamo la California (che ci vuole) e tutti sulle montagne del Colorado. Anche se a pensarci bene, il pericolo valanghe... Ma è obbligatorio per legge prevedere anche le valanghe? Chissà. Però gli tsunami certamente sì: in fondo non sono altro che terremoti subacquei. Quindi almeno le zone costiere dell’Oceano Indiano andrebbero spopolate. Avete visto che cosa è successo appena quattro anni fa, no?.

Ma ve lo immaginate un mondo dove ogni due per tre qualche esperto, nel timore di incorrere nelle ire della magistratura, si mette a gridare: «Pericolo, tutti fuori dalle vostre case»? E quanti giorni (minuti) passerebbero prima che altri Pm cominciassero ad aprire pile di fascicoli per procurato allarme?

Forse bisognerebbe accettare il semplice fatto che c’è un limite alla pretesa di portare qualsiasi cosa

accada al mondo in un’aula di tribunale. Un limite naturale. Varcandolo, si rischia di passare dal proverbiale ma innocuo «piove, governo ladro» all’inquietante «trema la terra, governo assassino». Sembra francamente troppo.

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