Il terrorismo divide le due sponde del Mediterraneo

Al vertice Euromed di Barcellona le divergenze tra arabi ed europei impediscono l’accordo. Gaffe spagnola: «Israeliani intrattabili»

Fabrizio de Feo

nostro inviato a Barcellona

La grande Alleanza di Civiltà, indicata alla vigilia del vertice euromediterraneo dal premier spagnolo José Luis Zapatero (ma anche dal segretario generale della Lega Araba Amr Moussa) come obiettivo possibile del summit di Barcellona alla fine resta chiusa nel deposito dei sogni impossibili, o almeno piantata nel terreno dei frutti non ancora maturi. Le distanze tra le due sponde del Mediterraneo restano ampie e il matrimonio tra Nord e Sud del mare nostrum non riesce ad andare oltre un’unione di interesse, infrangendosi sulle questioni di principio, su tutte la definizione del terrorismo e la sua condanna in tutte le sue forme.
«Per evitare che agli occhi del mondo questo vertice sia giudicato un fallimento si farà una dichiarazione della presidenza che salva un po’ tutto: quanto al terrorismo non si è trovata una formulazione condivisa. In questa dichiarazione, vi sono delle affermazioni importanti, impegnative, ma non nuove». È questo il bilancio che Gianfranco Fini traccia dell’Euromed lasciando Barcellona, poco prima delle dichiarazioni finali. «Quanto ai nostri temi - aggiunge il ministro degli Esteri - come la cooperazione, l’educazione e l’informazione, siamo soddisfatti perché sono stati accolti nei documenti approvati». Pochi minuti dopo arriva l’annuncio ufficiale che dà sostanza a quanto preannunciato dal nostro ministro degli Esteri.
José Luis Zapatero, come presidente del vertice euromediterraneo, e il premier britannico Tony Blair, come presidente di turno dell’Ue, rendono noto che il codice di condotta contro il terrorismo non è stato approvato ma trasformato in una semplice dichiarazione della presidenza. Come dire che i conflitti semantici e di sostanza sulla differenza tra legittima resistenza contro un invasore straniero e atti di terrore non hanno trovato una composizione nei colloqui andati in scena nella città catalana. «Il documento non è stato approvato a causa delle divergenze tra israeliani e palestinesi sulle parole da usare. Non sta a questo consesso risolvere il conflitto israelo-palestinese», dice Blair. «A noi spetta lanciare iniziative per combattere il terrorismo e promuovere la creazione di un’area di pace e prosperità».
La questione, pertanto - annuncia il premier inglese -, «sarà affrontata e risolta nel contesto Onu prima del termine della sessantesima Assemblea generale». Sulla questione del mancato accordo bisogna anche registrare una gaffe in cui incorre Zapatero. I microfoni installati nell’aula plenaria gli tirano un brutto scherzo, amplificando una sua conversazione. Il premier spagnolo, parlando con il direttore dell’area internazionale, Carles Casajuana, invita ad «arrivare a un testo, comunque esso sia». Il consigliere gli risponde che le discussioni tra le parti non vanno molto bene. E Zapatero replica secco: «Dovete stringere, arrivare a un testo comunque esso sia. Andiamo!». Il consigliere allora gli fa notare che Blair sta «gettando la spugna». E Casajuana aggiunge un giudizio tagliente sugli israeliani: «La verità è che sono intrattabili e da sei mesi non accettano un testo e gli altri se ne stanno tranquilli perché dicono che è colpa di Israele».
Il vertice un risultato, però, lo mette a segno: l’approvazione del documento che traccia il programma di lavoro Euromed per i prossimi 5 anni. Ai tre capitoli della Dichiarazione di Barcellona del 1995 (politica, economia, cultura) viene aggiunto quello relativo alla creazione di uno spazio comune di giustizia e sicurezza. Più luci che ombre anche sul fronte dell’immigrazione con l’apertura di spiragli importanti per accordi futuri. «C’è la possibilità ora - dice Fini - di dar vita a politiche congiunte di cooperazione tra l’Ue e quasi tutti i Paesi della sponda Sud».


Sul fronte commerciale, invece, si chiude con un’altra manifestazioni di intenti: la promessa di tracciare una road map per la creazione di un’area di libero scambio entro il 2010, anche attraverso la progressiva liberalizzazione degli scambi di prodotti agroalimentari e servizi. Una partnership che, come viene ribadito più volte, non potrà in alcun modo trasformarsi in un cammino di adesione all’Unione Europea.

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