Il tesoro degli ex An I commissari appiedano Fini Stop ad auto e autisti di Fli

Nonostante la carica istituzionale il presidente della Camera e leader Fli viaggiava a spese di via della Scrofa. Il paradosso è emerso dalla causa sulla gestione del patrimonio

Il tesoro degli ex An I commissari appiedano Fini  Stop ad auto e autisti di Fli

Che boomerang la denuncia della segretaria di Fini. Gli effetti del lancio nel vuoto di Rita Marino producono imbarazzi nel presidente della Camera e nel fido scudiero Donato Lamorte: la nomina dei commissari liquidatori del patrimonio di An da parte del tribunale di Roma ha infatti portato questi ultimi a togliere immediatamente gli autisti del partito a Gianfry e al suo factotum. I commissari si sono accorti che senza averne titolo, sia il primo che il secondo, li utilizzavano servendosi impropriamente anche di macchine del parco-auto di via della Scrofa (tolte pure queste).

Perché Fini abbia impunemente viaggiato con auto e autisti del suo ex partito quando aveva a disposizione auto e autisti della Camera, non è problema dei commissari, men che meno dell’interessato che come spesso gli accadeva ai tempi di Montecarlo si è ben guardato dal dare una spiegazione all’opinione pubblica.

SENTENZA BOOMERANG

Il secondo autogol è invece assai più grave perché evidenzia l’inquietante schizofrenia nelle decisioni del tribunale di Roma: è infatti di poche ore fa la decisione della corte di appello di Roma di rigettare il reclamo della signora Marino (e del deputato finiano Buonfiglio) avverso la pronuncia del presidente del Tribunale di Roma che, a giugno, dichiarò inammissibile l’istanza per la nomina dei commissari liquidatori sul patrimonio di An.

La decisione dà pienamente ragione agli ex An-Pdl e soprattutto al presidente del tribunale di Roma che poi, misteriosamente, su una questione sostanzialmente identica, quattro mesi più tardi cambierà radicalmente versione su un’istanza fotocopia presentata dai deputati finiani Buonfiglio e Raisi.

Cosa abbia portato il presidente del Tribunale a ricredersi così platealmente e perché abbia dato il “la” a una corsa a tappe forzate per arrivare a una relazione ispettiva con macroscopiche sviste, è un bel mistero. Anche perché, sapendo che era imminente la determinazione d’appello sulla prima causa, forse avrebbe fatto meglio a tergiversare un po’ prima di procedere con un commissariamento del patrimonio di An che il giudizio di secondo grado sulla causa primordiale – come si vede oggi – avrebbe rischiato di rendere vano.

LA DECISIONE PROVVIDENZIALE

Insomma, se solo il presidente avesse aspettato una settimana avrebbe evitato di tirarsi addosso tutte queste critiche e i dubbi alimentati dall’interrogazione parlamentare del senatore Elio Lanutti (Idv) sulla quantità di incarichi milionari affidati al marito della sua segretaria, appunto nominato ispettore e poi commissario liquidatore anche del patrimonio di An. Addetti ai lavori e non si interrogano infatti sull’azione del presidente del Tribunale chiamato, in prima battuta, ad esprimersi (negativamente) sulla costituzione dei liquidatori eppoi sulla necessità (dal medesimo accolta) di vigilare sull’intera liquidazione.

FONDAZIONE COLLEONI

Non sappiamo se a far arrabbiare finiani e segretarie varie ha contribuito lo «sgarbo» all’ex capo di dedicare alla defunta contessa Anna Maria Colleoni, proprietaria dell’appartamento monegasco donato ad An per la «buona battaglia» e finito come tutti sanno in uso al cognato di Gianfranco, sia il Fondo della Fondazione An che la sala del Consiglio della stessa in via della Scrofa, negli uffici dove un tempo prestava servizio proprio l’allora presidente di An. Un affronto. Il primo di una lunga serie.

LA TENTATA ESTORSIONE

Denunce e controdenunce, dove si ipotizza addirittura la tentata estorsione, sono allo studio dei destinatari delle accuse mosse da Rita Marino nell’esposto alla procura di Roma. Alcuni membri del comitato di Gestione e del comitato dei Garanti sono decisi a trascinare in tribunale la segretaria di Fini sulla base di una copiosa documentazione che parte dai tentativi della donna di riavere indietro più mensilità da 5mila euro che le sono state tolte perché da tre anni al servizio del presidente della Camera e non del partito.

«NESSUN AMMANCO»

Dopo aver letto di tutto sui giornali gli avvocati Antonino Cataudella e Giovanni Doria, legali dei Comitati di Gestione e dei Garanti di An, hanno preso carta e penna per precisare che «nell’ambito dei procedimenti civili pendenti, non è mai stata messa in discussione la legittimità della costituzione della Fondazione An, né i corrispondenti atti di dotazione patrimoniale della Fondazione.

Lo stesso Presidente del Tribunale, infatti, nel provvedimento di nomina dei liquidatori, dice chiaramente che, ultimata la liquidazione, «il residuo attivo deve essere destinato alla costituita Fondazione An» (...). Nei giudizi non si è mai discusso di condotte illecite; non è mai stato profilato alcun ammanco».

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