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Un tesoro sommerso scatena l’Invencible Armada

La marina spagnola dirotta una nave della società Odissey Marine Exploration, famosa per le ricerche di relitti, e arresta il comandante. In ballo c’è una fortuna di 500 milioni di dollari che Madrid rivendica

Un tesoro sommerso scatena l’Invencible Armada

Li chiamano i pirati dell’era moderna. Come i corsari di una volta sono i depositari di un tesoro misterioso e conteso. Ma la loro battaglia, invece che risolversi in alto mare - così avrebbe probabilmente voluto la sceneggiatura di un film - finirà piuttosto nelle aule di un tribunale della Florida.
Di mezzo ci sono cinquecentomila monete in oro e argento, per un valore complessivo di circa mezzo miliardo di dollari. Se la stima fosse corretta, si tratterebbe del più prezioso ritrovamento in mare della storia dopo un naufragio. Un colpo così grosso che gli spagnoli non sono pronti a lasciarlo nelle mani di una compagnia americana.
Martedì l’ultima tappa di un’odissea che ha tanto il sapore di Stevenson e della sua Isola del tesoro. La Odyssey Explorer, un’imbarcazione che da anni si occupa del ritrovamento dei tesori perduti nelle acque internazionali, stava tentando di lasciare Gibilterra quando è stata bloccata da una nave militare spagnola e costretta a dirigersi verso il porto spagnolo di Algeciras. Prima un’accurata perquisizione, poi il sequestro di macchinari costosissimi. Infine l’arresto di Sterling Vorus - «per grave disobbedienza», dopo che il capitano si era rifiutato di far salire a bordo la polizia - e l’esplosione di un caso internazionale che ha tutte le caratteristiche del giallo.
L’americana Odissey Marine Exploration, guidata da Greg Stemm, il cacciatore di tesori subacquei più importante del mondo, dal 1994 raschia i fondali di mari e oceani per ritrovare oggetti preziosi che poi rivende a ghiotti collezionisti. A maggio, la compagnia mette il contenuto dell’ultimo ritrovamento in un volo che da Gibilterra è diretto a Tampa, in Florida, dove ha sede la società. Questa volta, però, il bottino che c’è di mezzo viene rivendicato dalla Spagna come uno di quei tesori nazionali che non possono essere lasciati ai primi avventurieri di turno. Secondo Madrid, infatti, le monete spagnole ritrovate dalla compagnia americana apparterrebbero al carico della nave «Nuestra Señora de las Mercedes», affondata nel 1804 al largo delle coste del Portogallo.
Ma gli americani non ci stanno. Loro rivelano solamente che il tesoro è stato ripescato a circa 180 miglia nautiche a ovest di Gibilterra, il responsabile della compagnia si dichiara ansioso di conoscere il nome dell’imbarcazione in cui è stato fatto il ritrovamento, ma sostiene che sarà praticamente impossibile stabilirlo. Quanto al fatto che le monete siano spagnole, anche su questo Stemm ha dei dubbi: il real de a ocho era la valuta internazionale di allora, che avrebbe potuto trovarsi in qualsiasi imbarcazione, sotto qualsiasi bandiera. La Odyssey, insomma, rivendica il 90 per cento della proprietà del ritrovamento, avvenuto in acque internazionali, lo definisce il frutto del lavoro di «archeologia commerciale» in cui è impegnata da anni e tiene tutto sotto chiave, sostenendo che in qualità di custodi di «Black Swan» - il nome dato al sito e alla campagna per il ritrovamento di questo tesoro - deve proteggerlo da potenziali cacciatori di beni preziosi .
La Spagna attacca, afferma di non voler cedere i propri beni, nemmeno quelli «affondati» e parla di un recupero «non autorizzato». Madrid accusa la Odyssey di agire in malafede e di avere la cattiva abitudine di sottostimare il valore delle proprie scoperte, per poi attribuirgli quello più adeguato solo quando il bottino è «in sicurezza», negli Stati Uniti. Non a caso, in un primo momento la compagnia aveva parlato del ritrovamento di «monete d’argento corrose», di un valore massimo di due milioni e mezzo di dollari, per poi far lievitare la stima fino a mezzo miliardo di dollari, quando il tesoro aveva raggiunto Tampa, Florida.
A complicare le cose ci si mette anche l’accusa di complicità di Madrid agli inglesi, che avrebbero consentito la partenza del carico aereo da Gibilterra e il ritorno di antichi astii sulla sovranità di quel territorio. La parola passa ora al tribunale di Tampa.

Ma intanto la compagnia ha già annunciato: laggiù, in quei fondali, giace ancora una parte del tesoro.

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